"La Siria non è il Kosovo, non è così chiaro chi dobbiamo andare ad aiutare. I gas nervini sono un’atrocità ma solo le Nazioni Unite possono arrivare a conclusioni certe". Così, in un’intervista al Mattino, il ministro degli Esteri Emma Bonino, che conferma che l’Italia non parteciperà in alcun modo ai raid senza l’avallo dell’Onu. "Anche perché siamo già impegnati con i nostri militari e i nostri mezzi in molte altre aree di crisi". "Stanno crescendo – spiega la titolare della Farnesina – gli indizi a disposizione dei nostri principali partner che punterebbero il dito su precise responsabilità delle forze armate siriane nell’attacco con il gas sarin contro i quartieri orientali di Damasco. Tuttavia le prove di cui sarebbero in possesso fonti di intelligence dovranno essere rese note in maniera trasparente agli organismi internazionali come le Nazioni Unite, in grado di processarle e giungere a conclusioni certe". Secondo Bonino, quindi, deve essere il Consiglio di Sicurezza a"d assumere le decisioni dovute e prendersi le responsabilità che derivano dal suo ruolo di garante della pace e sicurezza internazionali. Voglio essere chiara: siamo di fronte a un crimine di guerra e il governo italiano si associa pienamente alla condanna internazionale".
"Tuttavia – prosegue Bonino – l’Italia non parteciperà attivamente ad azioni militari deliberate e attuate al di fuori del contesto delle Nazioni Unite. Il nostro Paese è già impegnato ai limiti delle sue possibilità in diversi teatri internazionali: in Libano con 1100 uomini, in Afghanistan con 3200 soldati, nei Balcani con 650 effettivi, nell’Oceano Indiano con più di 300 uomini, nel Sinai con 80 osservatori. E non cito tutte le altre presenze minori in Libia, Somalia, Mali, Emirati Arabi, Malta etc. per un totale di quasi 6000 militari". Inoltre, secondo la titolare della Farnesina, "nel caso del Kosovo era molto chiaro chi si dovesse aiutare con l’intervento armato, mentre nel caso siriano siamo in una situazione molto più confusa". Il ministro non esclude un rischio contagio, innescato da un eventuale intervento armato: "Il conflitto – spiega – potrebbe estendersi al Libano dove gli attentati delle ultime settimane sono fonte di grande preoccupazione e vi è più di un milione di rifugiati siriani su una popolazione di 4 milioni, mentre la Giordania è anch’essa alle prese con circa 600 mila rifugiati con tutti i problemi sociali connessi".
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