Il rombo dei caccia governativi siriani sui cieli di Damasco e il boato delle esplosioni delle bombe sganciate sui quartieri residenziali delle principali città in rivolta stride col silenzio della diplomazia che conta e dei media internazionali dopo il totale fallimento della tregua proposta dall’Onu nei quattro giorni della festa islamica del sacrificio.
Oggi i residenti delle varie località colpite dalle violenze, riuniti nell’Unione dei comitati di coordinamento locali, hanno riferito che dal venerdí al lunedí di "tregua" sono stati 439 i morti in Siria e che di questi 45 erano bambini. La regione di Damasco è stata la piú colpita. "I giorni della festa sono stati tremendi, tra i peggiori degli ultimi tempi", ha affermato una fonte a Damasco che preferisce rimanere anonima per ragioni di sicurezza. "In città siamo come in una bolla in mezzo all’inferno", ha aggiunto riferendosi ai raid sui sobborghi della capitale.
Anche oggi, secondo i Comitati di coordinamento, la cintura periferica di Damasco, dove si concentrano i gruppi dei ribelli – "terroristi" secondo la versione del regime – è stata una delle zone piú colpite dai bombardamenti. Tra le circa 80 vittime odierne documentate dai Comitati, 29 sono nella regione di Idlib (per lo piú a Marrat an Numaan), 19 a Damasco e sobborghi. I media governativi non hanno finora mai confermato l’uso dell’aviazione nella repressione popolare ma fanno solo riferimento all’uso delle truppe di terra per "ripulire le zone dalla presenza di terroristi e mercenari pagati dall’estero".
Secondo i residenti di Jawbar, quartiere di Damasco vicino al centro moderno, caccia governativi hanno bombardato le case del rione, nei pressi della piazza degli Abbasidi. I residenti del comitato locale pubblicano su Internet un video amatoriale a testimonianza del bombardamento.
L’informazione non puo’ essere verificata in modo indipendente sul terreno ma se dovesse esser confermata la notizia, sarebbe la prima volta che il regime da’ ordine di bombardare dentro il perimetro della città. In questo contesto, è stato oggi ucciso a Rukn ad Din, quartiere di Damasco, un generale dell’aviazione, Abdallah Mahmud Al Khalidi, in un agguato teso da "terroristi" secondo la tv di Stato.
Incessanti raid aerei da parte dell’aviazione si sono registrati oggi anche sulla regione di Homs, su quella di Dayr az Zor, sulle colline a est di Latakia (nell’enclave sunnita di Salma) e su Aleppo teatro da tre mesi della battaglia per la conquista della città.
I due principali sostenitori regionali dei ribelli siriani, la Turchia e il Qatar, sono tornati oggi a esprimere le loro posizioni: il premier del piccolo regno del Golfo, Hamad ben Jassem Al Thani, ha definito il conflitto in Siria "una guerra di sterminio contro il popolo siriano", mentre il ministro degli esteri turco Ahmet Davutoglu ha respinto la proposta di Mosca – alleato di ferro di Damasco – di avviare un dialogo col regime del presidente Bashar al Assad.
Dal punto di vista umanitario, l’ufficio Onu per il coordinamento degli aiuti umanitari (Ocha) ha fatto sapere di esser riuscito a portare aiuti a Homs ma di non averli potuti consegnare personalmente alla popolazione. Come è prassi, tutti gli aiuti devono esser distribuiti dalla Mezzaluna Rossa siriana, la cui presidenza è di nomina governativa ed è in mano da anni a Abdel Rahman Attar, imprenditore vicinissimo al regime. Gli aiuti, che includono cibo per 16.500 persone ed altri beni di prima necessità, sono ora nei depositi della Mezzaluna rossa siriana, hanno detto gli impotenti responsabili di Ocha. Secondo loro, l’attuale numero di siriani – due milioni e mezzo – attualmente coinvolti nel disastro umanitario salirà nei prossimi mesi fino a quattro milioni. E l’inverno è alle porte.
Discussione su questo articolo