Simbolo di linea del fronte che arretra e avanza di poche centinaia di metri al giorno, l’antica Grande Moschea di Aleppo, patrimonio Unesco dell’Umanità, è stata oggi al centro di una lunga battaglia tra forze governative fedeli al presidente Bashar al Assad e truppe ribelli. Le parti rivali si accusano a vicenda di aver danneggiato il luogo sacro, intatto da numerosi secoli ma ora sfregiato, annerito e in parte distrutto da una guerra che appare interminabile.
Nel giorno in cui l’esercito siriano smentisce l’uso di bombe a grappolo, l’inviato Onu e Lega Araba per la Siria, Lakhdar Brahimi, ha invocato una tregua da applicare entro la festa islamica del Sacrificio, attesa attorno al 25 ottobre prossimo e che durerà per alcuni giorni. Ma dopo almeno 30mila uccisi, per lo piú civili, oggi stimati anche dall’Onu, e un anno e mezzo di massacri compiuti anche durante festività religiose musulmane e cristiane nessun attore siriano e regionale sembra credere a una simile ipotesi.
La battaglia di Aleppo, giunta alla sua decima settimana consecutiva, è solo una delle tante in corso in altre regioni della Siria: dall’estremo oriente di Dayr az Zor alla regione meridionale di Daraa, dalla piana centrale dell’Oronte (Homs, Hama) alle montagne di Idlib a ridosso del confine con la Turchia, fino alle steppe di Raqqa e ai sobborghi orientali di Damasco, anche oggi siriani comuni riunitisi nei Comitati di coordinamento locali hanno documentato l’uccisione di diverse decine di persone.
Quarantadue vittime civili secondo i Comitati sono cadute tra Damasco (18), Dayr az Zor (18), Aleppo (7), Raqqa (3), Hama (3), Idlib, (1), Daraa (1) e Homs (1), ma sono cifre destinate a salire nel corso delle ore e che non tengono conto sempre delle vittime tra i ribelli e tra i militari governativi. L’agenzia ufficiale Sana come di consueto riferisce di numerosi terroristi uccisi – termine con cui si indicano i ribelli – dalle forze governative ma non menziona eventuali perdite tra i militari fedeli ad Assad n‚ fa riferimento a vittime civili fornendone numeri e generalità.
A Daraa, nei sobborghi della capitale e negli altri teatri di guerra si combatte come avvenuto in queste ore dentro e fuori la Grande Moschea di Aleppo: le forze governative riescono grazie all’aviazione e alla superiorità nei mezzi di artiglieria a respingere l’offensiva dei ribelli, che dopo ogni ritirata tornano a infliggere alte perdite ai lealisti.
Testimoni citati dai comitati di coordinamento affermano che dopo la conquista da parte dei ribelli di Maarrat an Numan, lungo l’autostrada Hama-Aleppo, alcune truppe governative sono rimaste isolate e prive di rifornimenti, le cui linee sono state tagliate dai ribelli. Ma raid aerei di Damasco espongono ad altrettante gravi perdite i nuovi avamposti dell’Esercito libero (Esl), che finora non sembra disporre di armamenti in grado i cambiare le sorti del conflitto.
Il presidente Assad ha emesso un decreto per la formazione di una commissione per il restauro della Grande Moschea di Aleppo da completare entro la fine dell’anno, dando cosí un segnale di surreale normalità e di presenza dello Stato in un territorio sempre piú segnato dal caos. Il governo, tramite il ministero degli affari religiosi, ha accusato esplicitamente "terroristi di al Qaida" di aver danneggiato la Moschea, offendendo "la fede islamica".
Giornalisti di Aleppo avevano stamani messo in rete un servizio video in cui denunciavano invece la distruzione da parte delle forze governative di copie del Corano, della presenza di bottiglie di bevande alcoliche vicino a un reliquiario, di graffiti pro-regime scolpiti sulle antiche mura della sala della preghiera. Una scena documentata anche da giornalisti stranieri recatisi sul posto prima della battaglia vinta, stasera, dalle forze lealiste.
Queste in serata hanno smentito la notizia diffusa ieri da alcuni media sulla base di un rapporto di Human Rights Watch circa l’uso da parte dell’esercito governativo siriano di bombe a grappolo in aree civili. I ribelli avevano in precedenza documentato con un video l’esplosione di questi ordigni nei cieli siriani. "L’esercito non possiede questo tipo di bombe", si legge nel comunicato diffuso dall’agenzia ufficiale Sana. "E’ una notizia priva di fondamento diffusa con l’intento di sviare l’attenzione dell’opinione pubblica dai crimini commessi dai terroristi", si afferma.
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