Silvio Berlusconi è tornato in tv dopo un anno e lo ha fatto come ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa. Le domande del conduttore sono state fatte in uno stile educato anche se a tratti ironico, ma l’ex premier se l’è cavata egregiamente, soprattutto se si pensa che di lui i suoi stessi parlamentari parlano malinconicamente, come di un vecchio leone ormai privo di forza. E invece abbiamo potuto sorprenderci piacevolmente anche questa volta: il Berlusca si mantiene tranquillo e lucido, forse un po’ ripetitivo sulla sua storia politica e meno carismatico rispetto ai tempi migliori, ma parla meglio di chiunque altro, senza spocchia alcuna, senza mai essere arrogante, con lo stile sobrio e salottiero che in tanti gli riconoscono. E riusciamo ancora a dispiacerci per le tante occasioni sprecate del centrodestra berlusconiano.
Silvio continua a ripetere che siano stati anche i piccoli personaggi interni al suo partito a non consentirgli di portare a compimento quella rivoluzione liberale che è stato il suo cavallo di battaglia, e non risponde alla sollecitazione di Fazio che gli chiede delle sue responsabilità nella vicenda politica che lo ha visto protagonista, anche dall’opposizione. Ma è anche vero che la sua alta considerazione di sé non gli consentirà mai di ammettere di aver fatto errori. Peccato di vanità comune a tanti uomini politici del passato e del presente.
Alla fine dell’intervista anch’io mi chiedo: perché dieci milioni di italiani hanno smesso di votarlo? Per la storia delle Olgettine? Per la vicenda D’Addario o lo scandalo Ruby? È possibile: i riflettori sempre accesi sulla sua vita privata, lo sputtanamento internazionale, l’innegabile persecuzione giudiziaria, hanno indebolito la sua immagine di uomo vincente e hanno giocato a suo sfavore; ma a mio parere il fallimento di Silvio riguarda soprattutto la mancata realizzazione di quel suo sogno liberale tanto decantato per anni, come ha dovuto lui stesso ammettere anche da Fazio.
Vorremmo ridargli fiducia, perché le cose che dice sono giuste e perché nel panorama del centrodestra così frammentato e rissoso rimane lui l’unica voce autentica del grande progetto che ha unito il popolo dei moderati. Ma il tempo non torna indietro e siamo convinti che la leadership di Berlusconi può ancora fungere da collante solo se lui si riconosce nel ruolo di Padre nobile (e da ciò che dice pare siano proprio queste le sue intenzioni) e mette da parte la sua caparbietà. Il suo popolo, aspettando Godot, è orfano di una guida candidabile e di un progetto comune. E intanto si lascia in parte fagocitare dai due Matteo, impadronitisi dei media. Se le primarie non sono la soluzione che piace a Silvio, c’è tutto il tempo perché trovi lui stesso la persona giusta da proporre e da far votare in congresso prima e tra i militanti poi. Magari una donna.
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