Caro Berlusconi, anche noi abbiamo sperato che te ne andassi in tempo, non tanto per salvare l’Italia (non crediamo ai miracoli!), quanto per salvare te stesso: dalla cattiveria, dall’invidia, dalla calunnia. Ci chiedevamo da tempo per quale obiettivo illusorio ti lasciassi crocifiggere ogni giorno, sopportando l’insopportabile e accettando senza reagire le ingiurie del mondo: volevi essere amato da tutti? alla tua età ancora credi alle favole? ti aspettavi gratitudine dai tanti che hai aiutato e verità da chi ha sguinzagliato i mastini per scavare nella tua vita e scavarti la fossa? Il tuo peccato è il più comune: la vanità. Quel sentire di sè che l’uomo baciato dalla Fortuna alimenta dentro e ingigantisce ad ogni successo, attribuendosene i meriti in esclusiva. E’ il destino dei numeri primi, solitudine e incomunicabilità. Alla fine, il Grande Affabulatore ha perso la verve ed è diventato ripetitivo e noioso. E ti sei ammutolito.
Ok, adesso c’è un altro al tuo posto: è distinto, non racconta di sè e non propina barzellette a iosa, sta sulle sue e non dà confidenza al popolo, saluta e sorride distante e altero, nasconde l’alto sentire di sè dietro le parole magiche "servizio", "umiltà", "rispetto", "rigore", "equità". Se non ora quando, gridavano le donne-prefiche invasate contro l’incarnazione del Male Assoluto?
E l’ora è arrivata, e il Bene trionfa. Se non è coesione sociale, è almeno soddisfazione di genere: belle e brutte, son contente tutte.
Se poi qualcuno comincia a sospettare un inganno, come ne "La fattoria degli animali" di Orwell, i giornali riprendono astutamente le antiche malefatte di Diabolik e seppelliscono qualsiasi dubbio. I più agguerriti avrebbero pagato qualsiasi prezzo pur di liberarsi della malinconica maschera carnascialesca che loro stessi avevano creato; i più rassegnati all’ineluttabilità della successione aspettano che i tempi diano loro ragione e che il popolo bue diventato pecora cominci a belare rumorosamente per liberarsi di un cane pastore che le conduce al precipizio. Quali saranno i tempi? Quelli del pagamento dell’Imu: sarà allora che i cittadini, almeno quelli memori della parole del Cavaliere – "La casa è un bene primario, il nido in cui la famiglia trova la sua unità, il sogno di ogni italiano, e l’unica casa ottenuta a costo di sacrifici non va tassata" -, quelli che sulla cancellazione dell’Ici hanno regalato una maggioranza plebiscitaria al centrodestra del bipolarismo, capiranno nei fatti la differenza tra l’uomo terreno e l’uomo alieno, la differenza tra l’immagine che il governo attuale si è costruita e la sua sostanza punitiva e conformista.
Tutto sopporterà la gente, ma non la stangata sulla casa per i povericristi: o si farà giustizia di patrimoniali dalle quali i ricchi pluriproprietari sanno sfuggire e i poveri vengono colpiti nell’unico bene, o la rivolta degli schiavi si farà sentire, civilmente, ma platealmente.
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