Salvatore Ferrigno, ex deputato di Forza Italia eletto nella circoscrizione estero, è stato arrestato in Sicilia. L’accusa è grave: scambio elettorale politico-mafioso.
Ferrigno avrebbe consegnato del denaro a una intermediaria di Cosa Nostra in cambio di voti.
Arrestati dai carabinieri su disposizione del gip – che ha accolto le richieste della Dda di Palermo, anche il boss Giuseppe Lo Duca e l’ex assessore Piera Lo Iacono.
Ferrigno, 62 anni, era candidato al Parlamento regionale siciliano alle prossime elezioni nei Popolari Autonomisti di Raffaele Lombardo, lista della coalizione che sostiene l’ex presidente del Senato Renato Schifani nella corsa alla presidenza della Regione siciliana.
Fabio Pilato, gip di Palermo, nel provvedimento che ha portato all’arresto di Ferrigno scrive: “La sera stessa (17 settembre, ndr) si monitorava una riunione presso il bar Rotonda Cafe’ di Carini, tra la Lo Iacono e Ferrigno, in occasione della quale il politico, in esecuzione del patto criminale gia’ stipulato, consegnava altro denaro nelle mani della Lo Iacono: denaro che era esplicitamente destinato anche al mafioso Giuseppe Lo Duca”.
I carabinieri in servizio di appostamento hanno immortalato la sequenza della cessione e alcune immagini sono anche allegate alla misura.
Le telecamere piazzate dai carabinieri di Palermo lo scorso 17 settembre, infatti, hanno ripreso la consegna di denaro da parte del candidato dei Popolari Autonomisti all’Ars Salvatore Ferrigno a Piera Loiacono, intermediaria tra il politico e il mafioso Giuseppe Lo Duca. I soldi, secondo i pm, erano destinati a Lo Duca.
Ferrigno e la Loiacono si incontrano in un bar di Carini: “Alle 20:18 – scrivono i carabinieri – si aveva modo di riprendere Ferrigno nell’atto di prendere qualcosa dalla tasca dei pantaloni per poi consegnarla alla Loiacono che repentinamente riponeva tutto nella borsa”.
Le cimici piazzate nell’auto della Loiacono confermano che la donna aveva ricevuto da Ferrigno mille euro, con la promessa di ulteriori consegne di soldi. “E Peppe si accontenta?” chiede alla Loiacono, riferendosi a Lo Duca, l’uomo che è con lei in auto. “E se non si accontenta non posso fare più niente”, risponde l’indagata.
“Ulteriore conferma – come si legge – avviene successivamente. Dialogando col compagno, Loiacono dice: “Eh niente mi ha detto ‘trovo altri cinquemila euro’ a parte questi mille euro che mi ha dato… e duemila euro glieli do a Peppe (Lo Duca, ndr) e basta”. “Il compendio indiziante dimostra come – sostiene il gip – lo scellerato patto di scambio fra gli indagati sia avvenuto”.
Non è finita qui. Ancora il gip: “Nel tentativo di tirare sul prezzo e ridurre l’esborso dovuto per l’appoggio elettorale, Salvatore Ferrigno tenta di allettare i suoi interlocutori (diretti e indiretti) con la prospettiva di accedere a futuri progetti aventi più ampi margini di guadagno rispetto al risibile compenso richiesto per la raccolta di voti”.
Il politico, il mafioso Giuseppe Lo Duca e l’intermediaria Piera Loiacono avevano messo sul piatto del loro accordo, non solo il denaro ma anche altre fonti di guadagno, in cambio dell’aiuto dei clan nella campagna elettorale. “Appena ci vediamo ti spiego alcuni progetti che ci possono cambiare completamente, perché si deve parlare di soldi grossi, di progetti”, dice, non sapendo di essere intercettato, Ferrigno.
“Dei progetti della Comunità Europea, di fondi comunitari, di queste cose dobbiamo parlare”, continua dopo aver detto alla donna di non voler parlare direttamente con Lo Duca ma di volere avere a che fare solo con lei. Il candidato, sempre in una intercettazione, spiega: “io non cerco di comprare i voti perché i miei collaboratori li metto in società con me”.
“Il senso di tale affermazione – scrive il gip – appare fin troppo chiaro. Ferrigno riteneva di poter sostituire l’oggetto della propria prestazione convertendola da una mera dazione di denaro per la raccolta dei voti ad una vera e propria condivisione programmatica di finalità e azioni politiche”.
Nell’ordinanza si legge ancora: “Lo Duca, anche in ragione della sua ‘amicizia’ con il candidato quantificava la propria richiesta di denaro in cinquemila euro per ognuno dei quattro comuni (“non meno di cinque a paese”). Alla fine sarebbe di 5 mila euro la somma concordata per un pacchetto di voti che Lo Duca avrebbe garantito. Ma dopo un “tiraemolla” – come si legge – si arriva a una somma complessiva di 5 mila euro, “ma solo per iniziare”.
Secondo quanto emerge dalle indagini Lo Duca avrebbe procurato circa 200 voti in ognuno dei 4 comuni interessati. Lo scorso 2 settembre, nel pomeriggio, ci sarebbe stato un primo incontro, in un bar di Carini, tra il boss e il candidato durante il quale i due si appartano per parlare separatamente. Un incontro ripreso dai sistemi di videosorveglianza.
Il 9 settembre, dopo una convention politica all’Astoria Palace in cui Ferrigno partecipa tra i relatori e alla quale ha partecipato anche Piera Lo Iacono, quest’ultima poi incontra il boss nel suo ufficio.
“Lo Iacono lamentava – scrive il gip – che Ferrigno non le aveva corrisposto tutta la cifra pattuita e consegnava una somma di danaro pari a cinquecento euro a Lo Duca (“tieni … cinquecento”), suscitando cosi’ il risentimento del mafioso (“e a chi dobbiamo fare ridere”).
Soldi e voti, dunque. Paesi come pedine nello scacchiere del controllo mafioso applicato alla politica.