La Corte Costituzionale ha dichiarato la parziale illegittimita’ dell’articolo 116, primo comma, del codice civile, stabilendo che la condizione di immigrato o immigrata irregolare non può essere di per se’ un ostacolo alla celebrazione delle nozze con un cittadino o una cittadina italiana.
La norma, nel nuovo testo che è frutto di una modifica legislativa del 2009, volta ad evitare i cosiddetti matrimoni di comodo, pone tra i requisiti necessari per contrarre le nozze il possesso, da parte dell’aspirante coniuge extracomunitario, di un documento che certifichi la regolarità del permesso di soggiorno in Italia.
La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata dal Tribunale di Catania, al quale si sono rivolti una cittadina italiana e un cittadino marocchino. I due hanno chiesto ai giudici di pronunciarsi sul rifiuto dell’ufficiale di Stato civile di celebrare il loro matrimonio alla luce della norma del codice civile.
E il tribunale ha sollevato la questione di legittimità della previsione legislativa davanti alla Consulta che ha bocciato l’articolo 116 proprio nella parte in cui impone l’esistenza del permesso di soggiorno come condizione indispensabile alla celebrazione delle nozze.
Secondo la Consulta infatti, oltre ad esserci nell’ordinamento altre norme che evitano i matrimoni di comodo, la "condizione giuridica dello straniero non deve essere considerata come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi".
"E’ evidente – prosegue, inoltre, la sentenza – che la limitazione al diritto dello straniero a contrarre matrimonio nel nostro Paese si traduce anche in una compressione del corrispondente diritto del cittadino o della cittadina italiana che tale diritto intende esercitare".
La Consulta ha richiamato una sentenza della Corte europea per i diritti dell’uomo di Strasburgo, secondo la quale "il margine di apprezzamento riservato agli stati non può estendersi fino al punto di introdurre una limitazione generale, automatica e indiscriminata, ad un diritto fondamentale" garantito dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.
"Secondo i giudici di Strasburgo", ricorda la sentenza, "la previsione di un divieto generale, senza che sia prevista alcuna indagine riguardo alla genuinità del matrimonio, è lesiva del diritto di cui all’articolo 12 della convenzione".
L’amore vince su permesso di soggiorno!
La Corte Costituzionale ha dichiarato la parziale illegittimita’ dell’articolo 116, primo comma, del codice civile, stabilendo che la condizione di immigrato o immigrata irregolare non può essere di per se’ un ostacolo alla celebrazione delle nozze con un cittadino o una cittadina italiana.
La norma, nel nuovo testo che è frutto di una modifica legislativa del 2009, volta ad evitare i cosiddetti matrimoni di comodo, pone tra i requisiti necessari per contrarre le nozze il possesso, da parte dell’aspirante coniuge extracomunitario, di un documento che certifichi la regolarità del permesso di soggiorno in Italia.
La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata dal Tribunale di Catania, al quale si sono rivolti una cittadina italiana e un cittadino marocchino. I due hanno chiesto ai giudici di pronunciarsi sul rifiuto dell’ufficiale di Stato civile di celebrare il loro matrimonio alla luce della norma del codice civile.
E il tribunale ha sollevato la questione di legittimità della previsione legislativa davanti alla Consulta che ha bocciato l’articolo 116 proprio nella parte in cui impone l’esistenza del permesso di soggiorno come condizione indispensabile alla celebrazione delle nozze.
Secondo la Consulta infatti, oltre ad esserci nell’ordinamento altre norme che evitano i matrimoni di comodo, la "condizione giuridica dello straniero non deve essere considerata come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi".
"E’ evidente – prosegue, inoltre, la sentenza – che la limitazione al diritto dello straniero a contrarre matrimonio nel nostro Paese si traduce anche in una compressione del corrispondente diritto del cittadino o della cittadina italiana che tale diritto intende esercitare".
La Consulta ha richiamato una sentenza della Corte europea per i diritti dell’uomo di Strasburgo, secondo la quale "il margine di apprezzamento riservato agli stati non può estendersi fino al punto di introdurre una limitazione generale, automatica e indiscriminata, ad un diritto fondamentale" garantito dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.
"Secondo i giudici di Strasburgo", ricorda la sentenza, "la previsione di un divieto generale, senza che sia prevista alcuna indagine riguardo alla genuinità del matrimonio, è lesiva del diritto di cui all’articolo 12 della convenzione".
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La Corte Costituzionale ha dichiarato la parziale illegittimita’ dell’articolo 116, primo comma, del codice civile, stabilendo che la condizione di immigrato o immigrata irregolare non può essere di per se’ un ostacolo alla celebrazione delle nozze con un cittadino o una cittadina italiana.
La norma, nel nuovo testo che è frutto di una modifica legislativa del 2009, volta ad evitare i cosiddetti matrimoni di comodo, pone tra i requisiti necessari per contrarre le nozze il possesso, da parte dell’aspirante coniuge extracomunitario, di un documento che certifichi la regolarità del permesso di soggiorno in Italia.
La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata dal Tribunale di Catania, al quale si sono rivolti una cittadina italiana e un cittadino marocchino. I due hanno chiesto ai giudici di pronunciarsi sul rifiuto dell’ufficiale di Stato civile di celebrare il loro matrimonio alla luce della norma del codice civile.
E il tribunale ha sollevato la questione di legittimità della previsione legislativa davanti alla Consulta che ha bocciato l’articolo 116 proprio nella parte in cui impone l’esistenza del permesso di soggiorno come condizione indispensabile alla celebrazione delle nozze.
Secondo la Consulta infatti, oltre ad esserci nell’ordinamento altre norme che evitano i matrimoni di comodo, la "condizione giuridica dello straniero non deve essere considerata come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi".
"E’ evidente – prosegue, inoltre, la sentenza – che la limitazione al diritto dello straniero a contrarre matrimonio nel nostro Paese si traduce anche in una compressione del corrispondente diritto del cittadino o della cittadina italiana che tale diritto intende esercitare".
La Consulta ha richiamato una sentenza della Corte europea per i diritti dell’uomo di Strasburgo, secondo la quale "il margine di apprezzamento riservato agli stati non può estendersi fino al punto di introdurre una limitazione generale, automatica e indiscriminata, ad un diritto fondamentale" garantito dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.
"Secondo i giudici di Strasburgo", ricorda la sentenza, "la previsione di un divieto generale, senza che sia prevista alcuna indagine riguardo alla genuinità del matrimonio, è lesiva del diritto di cui all’articolo 12 della convenzione".
L’amore vince su permesso di soggiorno!
La Corte Costituzionale ha dichiarato la parziale illegittimita’ dell’articolo 116, primo comma, del codice civile, stabilendo che la condizione di immigrato o immigrata irregolare non può essere di per se’ un ostacolo alla celebrazione delle nozze con un cittadino o una cittadina italiana.
La norma, nel nuovo testo che è frutto di una modifica legislativa del 2009, volta ad evitare i cosiddetti matrimoni di comodo, pone tra i requisiti necessari per contrarre le nozze il possesso, da parte dell’aspirante coniuge extracomunitario, di un documento che certifichi la regolarità del permesso di soggiorno in Italia.
La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata dal Tribunale di Catania, al quale si sono rivolti una cittadina italiana e un cittadino marocchino. I due hanno chiesto ai giudici di pronunciarsi sul rifiuto dell’ufficiale di Stato civile di celebrare il loro matrimonio alla luce della norma del codice civile.
E il tribunale ha sollevato la questione di legittimità della previsione legislativa davanti alla Consulta che ha bocciato l’articolo 116 proprio nella parte in cui impone l’esistenza del permesso di soggiorno come condizione indispensabile alla celebrazione delle nozze.
Secondo la Consulta infatti, oltre ad esserci nell’ordinamento altre norme che evitano i matrimoni di comodo, la "condizione giuridica dello straniero non deve essere considerata come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi".
"E’ evidente – prosegue, inoltre, la sentenza – che la limitazione al diritto dello straniero a contrarre matrimonio nel nostro Paese si traduce anche in una compressione del corrispondente diritto del cittadino o della cittadina italiana che tale diritto intende esercitare".
La Consulta ha richiamato una sentenza della Corte europea per i diritti dell’uomo di Strasburgo, secondo la quale "il margine di apprezzamento riservato agli stati non può estendersi fino al punto di introdurre una limitazione generale, automatica e indiscriminata, ad un diritto fondamentale" garantito dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.
"Secondo i giudici di Strasburgo", ricorda la sentenza, "la previsione di un divieto generale, senza che sia prevista alcuna indagine riguardo alla genuinità del matrimonio, è lesiva del diritto di cui all’articolo 12 della convenzione".
L’amore vince su permesso di soggiorno!
La Corte Costituzionale ha dichiarato la parziale illegittimita’ dell’articolo 116, primo comma, del codice civile, stabilendo che la condizione di immigrato o immigrata irregolare non può essere di per se’ un ostacolo alla celebrazione delle nozze con un cittadino o una cittadina italiana.
La norma, nel nuovo testo che è frutto di una modifica legislativa del 2009, volta ad evitare i cosiddetti matrimoni di comodo, pone tra i requisiti necessari per contrarre le nozze il possesso, da parte dell’aspirante coniuge extracomunitario, di un documento che certifichi la regolarità del permesso di soggiorno in Italia.
La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata dal Tribunale di Catania, al quale si sono rivolti una cittadina italiana e un cittadino marocchino. I due hanno chiesto ai giudici di pronunciarsi sul rifiuto dell’ufficiale di Stato civile di celebrare il loro matrimonio alla luce della norma del codice civile.
E il tribunale ha sollevato la questione di legittimità della previsione legislativa davanti alla Consulta che ha bocciato l’articolo 116 proprio nella parte in cui impone l’esistenza del permesso di soggiorno come condizione indispensabile alla celebrazione delle nozze.
Secondo la Consulta infatti, oltre ad esserci nell’ordinamento altre norme che evitano i matrimoni di comodo, la "condizione giuridica dello straniero non deve essere considerata come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi".
"E’ evidente – prosegue, inoltre, la sentenza – che la limitazione al diritto dello straniero a contrarre matrimonio nel nostro Paese si traduce anche in una compressione del corrispondente diritto del cittadino o della cittadina italiana che tale diritto intende esercitare".
La Consulta ha richiamato una sentenza della Corte europea per i diritti dell’uomo di Strasburgo, secondo la quale "il margine di apprezzamento riservato agli stati non può estendersi fino al punto di introdurre una limitazione generale, automatica e indiscriminata, ad un diritto fondamentale" garantito dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.
"Secondo i giudici di Strasburgo", ricorda la sentenza, "la previsione di un divieto generale, senza che sia prevista alcuna indagine riguardo alla genuinità del matrimonio, è lesiva del diritto di cui all’articolo 12 della convenzione".
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La Corte Costituzionale ha dichiarato la parziale illegittimita’ dell’articolo 116, primo comma, del codice civile, stabilendo che la condizione di immigrato o immigrata irregolare non può essere di per se’ un ostacolo alla celebrazione delle nozze con un cittadino o una cittadina italiana.
La norma, nel nuovo testo che è frutto di una modifica legislativa del 2009, volta ad evitare i cosiddetti matrimoni di comodo, pone tra i requisiti necessari per contrarre le nozze il possesso, da parte dell’aspirante coniuge extracomunitario, di un documento che certifichi la regolarità del permesso di soggiorno in Italia.
La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata dal Tribunale di Catania, al quale si sono rivolti una cittadina italiana e un cittadino marocchino. I due hanno chiesto ai giudici di pronunciarsi sul rifiuto dell’ufficiale di Stato civile di celebrare il loro matrimonio alla luce della norma del codice civile.
E il tribunale ha sollevato la questione di legittimità della previsione legislativa davanti alla Consulta che ha bocciato l’articolo 116 proprio nella parte in cui impone l’esistenza del permesso di soggiorno come condizione indispensabile alla celebrazione delle nozze.
Secondo la Consulta infatti, oltre ad esserci nell’ordinamento altre norme che evitano i matrimoni di comodo, la "condizione giuridica dello straniero non deve essere considerata come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi".
"E’ evidente – prosegue, inoltre, la sentenza – che la limitazione al diritto dello straniero a contrarre matrimonio nel nostro Paese si traduce anche in una compressione del corrispondente diritto del cittadino o della cittadina italiana che tale diritto intende esercitare".
La Consulta ha richiamato una sentenza della Corte europea per i diritti dell’uomo di Strasburgo, secondo la quale "il margine di apprezzamento riservato agli stati non può estendersi fino al punto di introdurre una limitazione generale, automatica e indiscriminata, ad un diritto fondamentale" garantito dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.
"Secondo i giudici di Strasburgo", ricorda la sentenza, "la previsione di un divieto generale, senza che sia prevista alcuna indagine riguardo alla genuinità del matrimonio, è lesiva del diritto di cui all’articolo 12 della convenzione".
L’amore vince su permesso di soggiorno!
La Corte Costituzionale ha dichiarato la parziale illegittimita’ dell’articolo 116, primo comma, del codice civile, stabilendo che la condizione di immigrato o immigrata irregolare non può essere di per se’ un ostacolo alla celebrazione delle nozze con un cittadino o una cittadina italiana.
La norma, nel nuovo testo che è frutto di una modifica legislativa del 2009, volta ad evitare i cosiddetti matrimoni di comodo, pone tra i requisiti necessari per contrarre le nozze il possesso, da parte dell’aspirante coniuge extracomunitario, di un documento che certifichi la regolarità del permesso di soggiorno in Italia.
La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata dal Tribunale di Catania, al quale si sono rivolti una cittadina italiana e un cittadino marocchino. I due hanno chiesto ai giudici di pronunciarsi sul rifiuto dell’ufficiale di Stato civile di celebrare il loro matrimonio alla luce della norma del codice civile.
E il tribunale ha sollevato la questione di legittimità della previsione legislativa davanti alla Consulta che ha bocciato l’articolo 116 proprio nella parte in cui impone l’esistenza del permesso di soggiorno come condizione indispensabile alla celebrazione delle nozze.
Secondo la Consulta infatti, oltre ad esserci nell’ordinamento altre norme che evitano i matrimoni di comodo, la "condizione giuridica dello straniero non deve essere considerata come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi".
"E’ evidente – prosegue, inoltre, la sentenza – che la limitazione al diritto dello straniero a contrarre matrimonio nel nostro Paese si traduce anche in una compressione del corrispondente diritto del cittadino o della cittadina italiana che tale diritto intende esercitare".
La Consulta ha richiamato una sentenza della Corte europea per i diritti dell’uomo di Strasburgo, secondo la quale "il margine di apprezzamento riservato agli stati non può estendersi fino al punto di introdurre una limitazione generale, automatica e indiscriminata, ad un diritto fondamentale" garantito dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.
"Secondo i giudici di Strasburgo", ricorda la sentenza, "la previsione di un divieto generale, senza che sia prevista alcuna indagine riguardo alla genuinità del matrimonio, è lesiva del diritto di cui all’articolo 12 della convenzione".
L’amore vince su permesso di soggiorno!
La Corte Costituzionale ha dichiarato la parziale illegittimita’ dell’articolo 116, primo comma, del codice civile, stabilendo che la condizione di immigrato o immigrata irregolare non può essere di per se’ un ostacolo alla celebrazione delle nozze con un cittadino o una cittadina italiana.
La norma, nel nuovo testo che è frutto di una modifica legislativa del 2009, volta ad evitare i cosiddetti matrimoni di comodo, pone tra i requisiti necessari per contrarre le nozze il possesso, da parte dell’aspirante coniuge extracomunitario, di un documento che certifichi la regolarità del permesso di soggiorno in Italia.
La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata dal Tribunale di Catania, al quale si sono rivolti una cittadina italiana e un cittadino marocchino. I due hanno chiesto ai giudici di pronunciarsi sul rifiuto dell’ufficiale di Stato civile di celebrare il loro matrimonio alla luce della norma del codice civile.
E il tribunale ha sollevato la questione di legittimità della previsione legislativa davanti alla Consulta che ha bocciato l’articolo 116 proprio nella parte in cui impone l’esistenza del permesso di soggiorno come condizione indispensabile alla celebrazione delle nozze.
Secondo la Consulta infatti, oltre ad esserci nell’ordinamento altre norme che evitano i matrimoni di comodo, la "condizione giuridica dello straniero non deve essere considerata come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi".
"E’ evidente – prosegue, inoltre, la sentenza – che la limitazione al diritto dello straniero a contrarre matrimonio nel nostro Paese si traduce anche in una compressione del corrispondente diritto del cittadino o della cittadina italiana che tale diritto intende esercitare".
La Consulta ha richiamato una sentenza della Corte europea per i diritti dell’uomo di Strasburgo, secondo la quale "il margine di apprezzamento riservato agli stati non può estendersi fino al punto di introdurre una limitazione generale, automatica e indiscriminata, ad un diritto fondamentale" garantito dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.
"Secondo i giudici di Strasburgo", ricorda la sentenza, "la previsione di un divieto generale, senza che sia prevista alcuna indagine riguardo alla genuinità del matrimonio, è lesiva del diritto di cui all’articolo 12 della convenzione".
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