Sergio Vastano, attore e comico, ex protagonista di Drive In e di numerosi film, sarà in sena al Teatro Roma, dal 12 al 24 marzo, con lo spettacolo “Eravamo 3 amici al bar” con Gianfranco D’angelo e Tonino Scala.
Vastano ha parlato di questa commedia, scritta e diretta da Mario Scaletta, e della sua carriera in generale a Radio Cusano Campus.
Drive in. “Al Drive In facevo il calabrese universitario iscritto alla Bocconi – ha ricordato Vatano -. Allora andavano di moda i manager rampanti, la Milano da bere. Con Ricci cavalcammo questa onda di “rampantismo”. Io, effettivamente, ero un calabrese – romano e conobbi a Roma molti calabresi fuori sede che studiavano all’università. Farlo però della Bocconi dava questo senso di nobiltà per rappresentare dei rampolli che diventavano grandi manager”.
“C’era grande disciplina all’interno di Drive In. Il grandissimo Beppe Recchia, che ci ha fatto da regista, scendeva in studio dopo che avevo registrato un pezzo e mi diceva “Bella Sergio ma è lunga”. Se dovevo fare quattro minuti e facevo quattro minuti e dieci lui mi chiedeva di tagliare qualcosa. Non era facile limare e rientrare nei tempi. Adesso si dovrebbe chiamare Drive Inps, siamo tutti in pensione”.
C’era più libertà di espressione anni fa rispetto ad oggi? “Da una parte oggi c’è più libertà gergale, la parolaccia si è sdoganata. In Drive In gli unici che dicevano una parolaccia erano i Trettré che dicevano “A me, me pare na strunzata”. Era l’unica parolaccia che noi dicevamo. Non era una scelta fatta per bigottismo. La scelta editoriale fu quella e fu precisa. Lì c’era quel maestro di televisione che è stato ed è Antonio Ricci. C’era il Tenerone per i ragazzi, c’era il paninaro, c’era il grande Faletti che faceva le macchiette di provincia. Gianfranco D’angelo parlava nei suoi monologhi di politica. Era un bel gelatino pieno di gusti. Abbiamo chiuso dopo cinque anni perché Antonio Ricci non riusciva più a gestire questa banda di scemi e rincoglioniti. In studio c’erano dei ritmi forsennati. Tini Cansino? Era l’unica molto socievole tra le donne. Era difficile, con quei ritmi, conoscere ad esempio Lory Del Santo. L’amicizia con Tini è rimasta. Quando abbiamo fatto la reunion lei è stata l’unica a venire delle ragazze”.
Cinema e tv. “Alcuni film sono stati carini, altri non li rifarei. Il rimpianto è di non aver continuato a lavorare con Sergio Corbucci col quale ho fatto Night Club. Purtroppo è morto pochi mesi dopo l’uscita. I Ragazzi della Notte? Facevo Striscia la Notizia, Jerry Calà mi chiese di rifare l’impresario calabrese. È stato molto criticato il film perché, in effetti, ne “I Ragazzi della Notte” c’erano solo gli aspetti più deleteri della vita notturna. C’era giusto il risvolto umano di un ragazzo immagine che aiutava i vecchietti ed aveva una funzione sociale. Non è uno dei miei film preferiti ma con Jerry si lavora bene. Lui ride molto. Io ho sempre bisogno di seguire il copione. Si deve rispettare il lavoro di chi ha scritto un copione anche se di “m…” Yuppies? Era molto sulla commedia ridanciana, leggerina. Da lì partirono i cinepanettoni che presero lo stesso copione o lo rifecero trenta volte”.
Come vedi l’Italia? “Nonostante i social siamo soli. Credo che uscire insieme a quattro o sei amici e farsi una bella chiacchierata sia ancora la cosa migliore. Aveva ragione Umberto Eco quando diceva che ognuno ha la possibilità di scrivere o dire qualsiasi cosa. Se in un bar dicevi una stupidaggine ti arrivava uno scappellotto. Adesso il primo che si alza scrive qualcosa e si sente una grande penna, abbiamo dato vita da una generazione di imbecilli. L’ignoranza poi dilaga, dall’ortografia alla consecutio temporum. L’ignoranza è diventata una valore positivo”.
Isola dei Famosi, Corona vs Fogli. “Una cosa marcia, non si può giocare così con la vita delle persone. Qui parliamo di scelte editoriali. Non si può dare fiducia e parola a tutti, tanto meno a Corona. L’ho trovata una cosa bestiale. Una volta se tu avessi chiesto a Pippo Baudo di fare una cosa del genere avrebbe detto sicuramente di no. Non si mortifica uno così in quel modo. Su quell’isola non si mangia e ti viene un po’ di depressione. Io sono stato lì e venni attaccato dai mosquito come Brosio adesso. Avevo quasi 600 punture”.
Sul Metoo. “Non ho le idee molto chiare. Da una parte ci sono e ci sono sempre stati i produttori che provavamo a farti fare la prova del “divanetto”, era quasi una figura consacrata. È una cosa sbagliata, assolutamente. Queste persone dovrebbero essere curate da qualcuno bravo. L’esporsi delle donne vittime di queste cose qui è un passo avanti. Dall’altra parte però, se tu donna vedi che quella persona ha altre intenzioni lo mandi subito a van..couver, in Canada. Poi lo dici subito in giro e se le molestie sono più gravi deve partire la denuncia”.