Se mi avessero dato il reddito di cittadinanza, probabilmente mi avrebbero rovinato la vita. Non sarei a New York, forse non ci sarei mai venuto. Sarei rimasto in Italia, a fare viaggetti low cost ogni tanto.
Non avrei probabilmente avuto quello scatto necessario per sollevarmi dal divano e vedere cosa fare. In fondo mi sarebbero bastati anche 300, 400 euro al mese, il divano di casa, e facebook, e sarei stato felice. Avrei scritto romanzi che nessuno leggeva, e punto. E intanto avrei fatto tanti corsi farlocchi da fare obbligatoriamente per avere il sussidio, in cui passare il tempo senza apprendere nulla.
Perché così funziona: essere giovani, insoddisfatti e un po’ disperati è necessario per potere emergere, per liberare tutte le proprie forze creative. Lo Stato che ti aiuta, ti rovina la vita anche se non lo sai.
Quei soldi dateli agli anziani, a chi non ha le forze, ai malati, a chi ha figli in difficoltà, alle mamme sole. Se il lavoro non lo trovi, vai altrove, e provi a fare qualcosa di tuo. Lo facciamo in tanti. Non c’è scritto da nessuna parte che bisogna lavorare dietro casa. Bisogna disperarsi, provare, sperimentare, emigrare, piangere, tornare, riprovare. E’ un percorso naturale della vita. Si sbaglia e si avanza.
Non si può anestetizzare una generazione con la follia di convincerla che a un giovane è dovuto un lavoro vicino casa, e che lo Stato ti aiuterà a trovarlo. Innanzitutto perché per aiutarti a trovar quel lavoro, lo Stato, dovrà moltiplicare la burocrazia in maniera elefantiaca. Ne uscirà un sistema disfunzionale, inutile e costoso. E io già lo so che è così, non c’è bisogno di sperimentare.
Volete fare qualcosa per i giovani: attirate imprese e imprenditori sui territori, rimuovete le limitazioni. Create quella cosa di cui abbiamo bisogno: un paese dove puoi essere libero di costruirti con le tue mani il tuo destino, senza limiti.