L’anno terminerà con un Prodotto Interno Lordo (PIL) non superiore a -0,2%. Col 2016, almeno queste sono le previsioni più attendibili, il suo valore dovrebbe attestarsi +0.5%. Almeno nel primo semestre dell’anno. La percentuale dei senza lavoro è ancora a due cifre e la tendenza resta stabile. Si deve spendere meno in tutto. Anche se, per effetto della deflazione, i prezzi sono in calo generale. Insomma, questo sarebbe il momento di comprare. Ma il liquido non c’è ed anche il risparmio è in croce.
A soffrire della situazione sono, soprattutto, le famiglie. Tutte le spese sono state ridotte, se non annullate, già nel primo semestre di quest’anno. Vivere è più difficile che nel secolo scorso. Ai tempi della lira. La solidarietà ha iniziato a essere un termine indefinito e, chi ancora possiede, teme di perdere la sua relativa tranquillità. Si mangia meno e, non sempre, nel modo più corretto. Il periodo feriale è prossimo, ma riteniamo che sarà modestamente consumistico. Anche in pizzeria la crisi si sente. Gli avventori del tipico piatto del sabato sera sono calati del 18% rispetto all’ottobre del 2014. Non a caso, molti locali per la degustazione del famoso piatto napoletano hanno chiuso i battenti. Per sempre.
Solo gli anziani, se pensionati, tirano avanti con meno incertezze. Sempre che regga la salute e non ci sia un canone di locazione da pagare e figli da mantenere. Insomma, gli effetti della crisi pesano, ancora, sui giovani che non hanno futuro. Pensare a un domani in Patria, nonostante le assicurazioni dell’attuale Esecutivo, appare difficile; se non impossibile. Il movimento d’aspiranti lavoratori italiani in UE è, progressivamente, aumentato. Se ne deduce che il Bel Paese non è più tale per i giovani costretti alla mobilità per trovare un’occupazione.
I titoli di studio, anche se di natura tecnica, non sono più uno “scudo”. Il “pezzo di carta”, tanto caro ai nostri padri, ora vale proprio come un comune foglio stampato. Per risolvere, pur col tempo, tanta incertezza, mancano le premesse politiche che ci consentano di preventivare quel cambiamento di cui l’Italia avrebbe bisogno. Ma, per il cambiamento, non ci sono figure politiche attendibili. Anche con la legge elettorale, resterebbero le stesse figure candidabili. Insomma, in Italia, il “cambiamento” resta più un fatto filosofico che politico. Per i cambiamenti non è solo questione di tempi, ma anche di volontà che non c’è.
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