A volte viene proprio di chiedersi per quale motivo dobbiamo lo stipendio a persone che vogliono amministrare la giustizia secondo regole prettamente personali e, pertanto, intervenire sulla vita dei cittadini da onnipotenti e senza un minimo di serietà ed onestà per evitare di commettere errori per i quali, come avviene in tutte le discipline, si dovrebbero pagare le conseguenze. Quello che più sorprende è che gli intramontabili assertori di questa differenza tra i cittadini siano proprio i magistrati.
Come definire le dichiarazioni rese dal pm Boccassini davanti agli studenti del Liceo "Mascherini" di Bergamo? Ne trascrivo solo una: "Certo che chi sbaglia deve pagare, ma chi dovrà giudicare un ricco e potente, che potrà far causa contro uno che non lo è, lo farà ancora in modo sereno? Del resto all’interno della magistratura abbiamo già organismi di disciplina". Vabbé, circa gli organismi di disciplina meglio sorvolare a pié pari. Avrebbe potuto dire, senza troppi fronzoli, noi magistrati vogliamo giudicare liberamente come ci pare, punto e basta, e se l’accusato non ha mezzi finanziari tanto meglio. Non le è passato neanche per l’anticamera del cervello che la serenità nel giudicare si ha soltanto se si è preparati, si è privi di rancore e non si hanno in mente fini che non dovrebbero entrare nelle aule dei tribunali.
Premesso che l’illustre magistrato sembra dimenticare che in tribunale devono prevalere la verità e la giustizia e non teoremi più o meno fasulli su fatti inesistenti, se un magistrato, per vari motivi, non si sente all’altezza dell’arduo compito può benissimo appendere la toga in quanto non è obbligato con la forza a svolgere le funzioni che ha volontariamente scelto.
Tutti i professionisti e tutti i lavoratori in genere pagano per gli errori che commettono e, guarda caso, coloro che non vogliono pagare sono proprio quelli che in decenni hanno fatto e continuano a fare errori che sono proprio delle nefandezze indegne sotto ogni punto di vista. Avere magistrati che fanno certe dichiarazioni non è proprio il massimo, anzi, fa fare al nostro Paese passi indietro di secoli.
Quello che desta meraviglia, o meglio, disgusto, è il fatto che l’illustre magistrato abbia esternato, con la sua consueta supponenza, questi illuminati concetti a studenti, senza minimamente tener conto che in una democrazia il popolo è sovrano e che il popolo italiano sulla questione della responsabilità civile dei magistrati si è già espresso con un referendum nel 1987; dopo oltre 25 anni, sono proprio i magistrati che non vogliono tener conto della volontà popolare. C’è proprio da chiedersi come osano parlare di democrazia ed emettere sentenze "in nome del popolo italiano". Una carnevalata sarebbe molto più seria.
Discussione su questo articolo