In un decennio, le entrate fiscali delle 4 grandi città al voto (Roma, Milano, Napoli e Torino) sono cresciute del 40,4%. All’interno di questa espansione, com’è cambiata la composizione del gettito fiscale? Quali tasse e imposte pesavano di più nel 2005? E quali nel 2014?
Capire quali tasse e imposte compongono le entrate fiscali di un comune è un’informazione preziosa. Perché indica quali fonti di finanziamento reggono le attività del comune e permette di valutare il suo grado di autonomia: vive di entrate strutturali e stabili, come quelle che derivano dal patrimonio immobiliare, oppure di imposte più variabili, come quelle di soggiorno? Un altro punto chiave è su chi gravano le tasse comunali, sugli elettori, che possono premiare o punire le scelte dell’amministrazione con il loro voto, oppure su altri soggetti, come i turisti?
Nel 2005, sei anni prima dell’introduzione dell’Imu, le imposte su casa e fabbricati costituivano meno della metà del gettito fiscale delle 4 città (45,1%). Oltre un terzo degli incassi (34,8%) derivava da altri tipi di imposte, come quella di soggiorno, gravante non sui residenti, ma richiesta ai turisti durante la loro permanenza. Questo aspetto non è secondario in termini di federalismo fiscale, di cui uno dei principi guida è la coincidenza tra contribuente ed elettore. L’addizionale irpef, ovvero la quota dell’imposta sui redditi destinata al comune, costituiva uno spicchio residuale del gettito delle grandi città: neppure il 4%.
Nel 2014 il sistema tributario mostra evidenti cambiamenti. Per cominciare, le imposte su casa e fabbricati costituiscono la principale fonte di entrate fiscali: il 55%. Aumenta anche il ruolo dell’addizionale irpef, arrivando al 14,5% delle entrate fiscali. Al contrario, si è ridotto enormemente il peso di altre imposte, come quelle di scopo e di soggiorno, scese al 2,38%.
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