E’ una goccia nel mare di disperazione dei migranti. Gli inquirenti ne sono consapevoli, e’ proprio il procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini a sottolinearlo. Eppure l’operazione della Dda e della Squadra mobile di Cremona fotografa un sistema collaudato ed efficiente per strappare gli ultimi soldi a migliaia di africani disposti a tutto pur di provare ad avere una vita migliore in Europa. Cremona e’ stato il punto di partenza dell’indagine iniziata due anni fa ma Milano era la centrale operativa dell’organizzazione multietnica.
Sono 34 i destinatari dell’ordinanza cautelare in carcere per associazione a delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina aggravata dalla trasnazionalita’: 18 sono gia’ stati raggiunti dal provvedimento in diverse carceri italiane, sette sono reclusi in Francia e Germania per lo stesso reato (e a breve gli sara’ notificato l’atto), tre sono irreperibili, il resto sono residenti all’estero.
“L’organizzazione aveva persone che segnalavano i nuovi sbarchi in Sicilia – ha spiegato Ilda Boccassini -. C’era un egiziano a Catania deputato solo a questo. I viaggi potevano costare dai 500 ai mille euro dalla Sicilia alla Francia, oppure un centinaio di euro per attraversare la frontiera italiana. Abbiamo documentato 62 viaggi, in alcuni casi a Ventimiglia abbiamo fermato furgoni con 40 persone stipate all’interno in condizioni disumane. C’erano anche bambini. Le sofferenze che queste persone sono disposte ad accettare pur di realizzare il sogno di una vita migliore deve farci riflettere. Che fortuna essere nati nel posto giusto al momento giusto”. Al vertice dell’organizzazione c’erano tre egiziani dai 35 ai 40 anni, descritti dagli investigatori come i “manager dei migranti”.
“Una sorta di broker che non si sporcavano le mani – ha commentato Nicola Lelario, capo della Mobile di Cremona – Gestivano tutto al telefono. Non hanno un alto profilo criminale, non parliamo di boss a capo di una holding. Sono persone che hanno fiutato l’affare. Gli altri complici sono somali, afgani, tunisini, eritrei, le stesse nazionalita’ dei migranti. Sono coinvolti anche tre italiani di circa 35 anni, che pero’ avevano un ruolo marginale, si limitavano ai trasporti in auto da Ventimiglia”.
“E’ interessante notare che non c’e’ un’unica etnia che si occupava dei viaggi – ha precisato Boccassini – ma siamo di fronte a una globalizzazione del male”. L’indagine e’ partita seguendo i passeur nel Cremasco ma si e’ capito subito che era Milano il vero snodo. I punti di raccolta dei migranti erano attorno alla stazione Centrale (compreso l’hub di via Sammartini) e a Bresso.
Gli “scafisti di terra” istruivano i migranti per affrontare il viaggio in treno fino a Ventimiglia: la prima regola era distribuirsi per non dare nell’occhio, la seconda era di non parlare mai con i passeur che li accompagnavano a debita distanza in altri vagoni. In alcuni casi il contatto era preso direttamente sul barcone, altre volte appena sbarcati oppure all’esterno dei centri di accoglienza in giro per l’Italia.
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