Cerchiamo di capire – anche a seguito delle novità introdotte dall’ultima legge di Bilancio – quali sono per il 2019 le nuove regole per il pensionamento di vecchiaia e anticipato dei nostri connazionali residenti all’estero (si tratta delle prestazioni maggiormente erogate all’estero).
È noto che i lavoratori emigrati all’estero possono perfezionare il diritto ad una prestazione pensionistica italiana anche se hanno versato solo pochi contributi in Italia ma vivono in un Paese con il quale l’Italia ha stipulato una convenzione bilaterale o multilaterale (è il caso dei Regolamenti comunitari) di sicurezza sociale. Il diritto ad una pensione italiana può essere maturato sommando i contributi versati in Italia con quelli versati nel Paese (o nei Paesi) dove si vive (o si è vissuto) in modo tale da raggiungere il minimo contributivo previsto dalla legislazione italiana per le varie prestazioni (vecchiaia, anzianità, inabilità, invalidità).
Premesso ciò, vediamo quale è per il 2019 l’età pensionabile in Italia e quali sono i requisiti minimi contributivi perfezionabili con la totalizzazione dei contributi.
Nel 2019 per i soggetti (sia uomini che donne) in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, praticamente quindi la “vecchia” emigrazione, sono necessari 67 anni di età in presenza di un’anzianità contributiva minima pari a 20 anni, perfezionabile tramite la totalizzazione dei contributi esteri. L’età pensionabile di vecchiaia è quindi aumentata di cinque mesi visto che l’anno scorso era di 66 anni e 7 mesi.
È bene ricordare che come per i residenti in Italia anche per quelli residenti all’estero per ricevere la pensione è richiesta la cessazione del rapporto di lavoro dipendente; non è, invece, richiesta la cessazione dell’attività svolta in qualità di lavoratore autonomo.
Nel 2019 per i soggetti in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 per richiedere invece la pensione anticipata (anzianità), sulla base di quanto previsto dal Decreto Reddito di cittadinanza, gli uomini e le donne, a prescindere dall’età anagrafica, devono far valere rispettivamente 42 anni e 10 mesi di contribuzione e 41 anni e 10 mesi di contribuzione: tuttavia il Governo ha deciso che la decorrenza scatterà solo tre mesi dopo il perfezionamento dei requisiti (ricordiamo che anche ai fini del diritto alla pensione anticipata è possibile totalizzare i contributi versati in Italia a quelli versati all’estero in Paesi convenzionati).
Giova ricordare che per tutti coloro i quali hanno versato i contributi a partire dal 1996 vigono regole diverse sia per l’età che per l’anzianità contributiva.
Rammentiamo altresì che l’importo del trattamento minimo passa nel 2019 da 507 a 513 euro mensili e che anche per le pensioni erogate all’estero di importo inferiore a 1.522 euro mensili l’aumento per il costo della vita per l’anno 2019 è stato determinato in misura pari a + 1,1%.
Infine giova ricordare che a determinate condizioni anche i residenti all’estero possono usufruire della normativa introdotta dal Decreto sul Reddito di cittadinanza che ha stabilito la possibilità di andare in pensione con il sistema “Quota 100” (62 anni di età 38 anni di contribuzione) e ha prorogato “Opzione donna” (pensione anticipata con 35 anni di contributi per le donne nate in specifici anni). Lo stesso Decreto ha tuttavia vincolato alla residenza in Italia il diritto al Reddito e alla Pensione di cittadinanza che non sono quindi esportabili all’estero.
Angela Schirò e Massimo Ungaro (deputati PD – Europa)