“Il pagliaccio è ancora qui?”, la gente di Grosseto è stufa di Capitan inchino e dell’incidente probatorio. Al terzo giorno i grossetani hanno manifestato un sentimento preciso: non ce la facevano più, di questa storia hanno piene le scatole. Meno male che, in attesa del processo vero e proprio, quando sarà, questa fase si è ieri esaurita. Stufi erano evidentemente anche i naufraghi superstiti della notte di morte all’Isola del Giglio. Hanno anch’essi disertato, e la terza e conclusiva giornata delle udienze si è svolta praticamente in un deserto. Trenta persone, non di più, all’interno del teatro Moderno, che può contenerne milleduecento. Persino il numero dei giornalisti e delle telecamere presenti in gran numero per due giorni all’esterno dell’aula si è ridotto in misura evidente. Molti quelli che hanno tolto le tende: non c’era più nulla d’importante da annotare e da riferire. Lo show ha dato il meglio di sé nelle prime due giornate. La terza giornata dell’incidente probatorio ha presentato quattro interessanti momenti. Il primo l’ha offerto una delle tante registrazioni che hanno occupato gran parte dell’udienze. “Appena la nave si è inclinata, sono sceso”, è la voce del comandante Schettino, rilevata nel corso di un’intercettazione. Una confidenza, non una dichiarazione presente nella scatola nera della Costa Concordia, minuti dopo il cozzo contro la scogliera delle Scole. Il comandante parla con un amico, e le sue parole confermano e chiariscono il comportamento di Schettino in quei tragici momenti che sono costati la vita di trentadue persone. L’abbandono della nave configura una delle quattro ipotesi di reato a carico del comandante.
Schettino ha fatto di tutto per apparire disinvolto, gentile e cordiale con tutti. Strette di mano, sorrisi, ma neanche uno sguardo verso Ferrarini, uno dei vertici di Costa Crociere. Un altro protagonista negativo di quella notte all’Isola del Giglio. I due non si sono più parlati, e ora si scopre che non si salutano nemmeno. Sulla vicenda ha sistemato una sorta di punto la Procura di Grosseto. “La nave è arrivata al Giglio per mano di Dio, non per le capacità del comandante Schettino”. A corredo, la decisione dell’amministrazione comunale dell’isola: si costituirà parte civile contro Costa Crociere e il comandante Schettino.
L’audizione dei carabinieri del Ris si è sviluppata interamente nel pomeriggio della terza giornata. Nel corso della quale è arrivata una spiacevole notizia. O una dolorosa conferma: la rimozione della Costa Concordia non potrà avvenire prima della prossima tarda primavera, con tre mesi di ritardo rispetto al previsto. Quindi, con possibili, pesanti, ulteriori danni per l’economia dell’isola, già provata dalla mancata presenza di turisti al Giglio. I numeri sono questi e obbligano alla riflessione: meno trenta per cento e in alcune località, come Campese, addirittura del quarantacinque per cento. L’economia piange, all’Isola del Giglio. Sì, è vero, il turismo “mordi e fuggi” è andato alla grande: più di mille presenze giornaliere. Gli effetti sull’economia locale sono stati però molto soft. Quasi nulli: paga pochissimo il turismo del panino o della schiaccina, del gelato e dell’acqua minerale e della Coca Cola. Gli amministratori locali lo definiscono “a tempo determinato”. Il cadavere della Costa Concordia è motivo di curiosità turistica al massimo per un giorno. E non si capisce come mai la nave squartata ancora non sia stata rimossa. La risposta dei tecnici è chiara, secca: nessuno poteva pensare che una nave così grande potesse naufragare in questo modo. Non esistono infatti precedenti nella storia della marineria. Il recupero costerà alla fine quattrocento milioni. E non è detto che la cifra non sia destinata a salire. Il metallo piegato della nave pesa dieci volte quello della Torre Eifel.
Due voci dal corso dei naufraghi, Silvia Betti e Elio Vincenzi. “Schettino ha fato un disastro, ma lui stesso si è rovinato la vita”, ha affermato Silvia Betti, provvista di grande senso pratico. “Il comandante non potrà più fare questo mestiere, non potrà guidare nemmeno un gommone. Chiederà però una sontuosa liquidazione”.
Scampato alla morte insieme con la figlia, ha perso la moglie durante il naufragio della Costa Crociera. Il corpo non è stato ancora recuperato. Elio Vincenzi ha lanciato un accorato appello. “La mia sensazione è questa: mia moglie è là sotto, sotto la nave. Ne è convinta anche mia figlia. Io e lei non accettiamo il discorso che mia moglie non possa tornare a casa. Mi appello ai sub, recuperino il suo corpo”.
Luciano Castro, giornalista, crocierista a bordo della Costa Concordia, nel viaggio della morte, aveva stretto la mano a Schettino. Gli aveva voluto parlare brevemente, prima dell’udienza iniziale dell’incidente probatorio. Ha le idee precise, ora. “Il comandante è Dio a bordo. Dà gli ordini, e Schettino non dava ordini. Il personale mi è sembrato impreparato, non ha fatto in tempo ad apprendere il necessario e a prendere il patentino. La formazione del personale a bordo non è stata corretta”.
Personale si sono inventanti i gigliesi sull’isola. Settecento abitanti hanno messo a disposizione dei naufraghi innanzitutto il cuore. “In settecento hanno aiutato in ogni modo quattrocento persone. Meriterebbero un riconoscimento mondiale”. È tutto, per il momento. A risentirci al processo, quando sarà.
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