Linguaggio in codice, mezze frasi, riferimenti mai esplici. Sono questi gli elementi che emergono dalle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche riportate nell’ordinanza di custodia cautelare del giudice di Reggio Calabria che ha portato in carcere l’ex ministro Claudio Scajola, coinvolto nell’inchiesta sul favoreggiamento della latitanza di Matacena e l’ipotesi di spostamenti dagli Emirati Arabi al Libano.
Le decine di conversazioni telefoniche che hanno un maggiore valore per l’inchiesta sono quelle tra Scajola e la moglie di Matacena, Chiara Rizzo. I due temendo eventuali intercettazioni, utilizzano un linguaggio in codice e mezze frasi, ed indicano Amedeo Matacena come ‘La mamma’.
I contatti tra Rizzo e Scajola sono costanti, con una sola interruzione dal 9 al 16 agosto, periodo in cui la "Rizzo – afferma il Gip di Reggio Calabria – si reca in vacanza, per riprendere subito dopo con l’interesse di sempre per Matacena di cui si parla in modo mascherato (C. La mamma, e’ tranquillo?)". Il linguaggio cifrato non ha pero’ impedito agli uomini della Dia di Reggio Calabria di ricostruire tutti i preparativi che venivano fatti, tanto che il giudice per le indagini preliminari, Olga Tarzia, ritiene che sia stato proprio Scajola ad essere in pole position nell’impegno per "individuare uno Stato estero (nella fattispecie il Libano, ndr) che evitasse per quanto possibile l’estradizione di Amedeo Matacena o la rendesse quanto meno molto difficile e laboriosa".
I primi impegni diretti di Scajola per perorare la causa di Matacena, secondo l’accusa, risalgono al 2 agosto 2013 quando l’ex ministro, parlando con Chiara Rizzo, fa riferimento ad un "argomento riservato". Nella stessa conversazione, secondo il giudice, compaiono i "primi riferimenti" dell’esponente politico in "favore di Matacena".
La necessita’ di spostare l’ex deputato dagli Emirati Arabi al Libano era generata dal timore che il 20 febbraio 2014 fosse "emessa la sentenza – sostiene il Gip di Reggio Calabria – nel procedimento pendente a Dubai, cui sarebbe potuta conseguire l’espulsione da quel Paese, con il rischio di essere tratto in arresto e trasferito in Italia per scontare la pena". Ma a tranquillizzare Chiara Rizzo e’ proprio Scajola il quale, nell’ennesima conversazione telefonica, le riferisce che "per laggiu’ credo di fare… di dire delle cose interessanti, che ti diro’ lunedi’ perche’ mi ha chiamato di nuovo oggi…perche’ quello li’ e’ un mio ex collega Ministro di la’, punto!".
Dalle oltre duecento pagine dell’ordinanza di custodia cautelare emerge anche il ruolo avuto da Roberta Sacco, segretaria di Scajola, la quale era "perfettamente a conoscenza degli affari comuni – scrive il giudice – tra Scajola e Rizzo, e spesso era chiamata a supportare con consigli appropriati la moglie di Matacena".
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