Sul numero odierno di Panorama un articolo dedicato alla situazione che vivono gli italiani della Repubblica Dominicana dopo la chiusura dell’ambasciata d’Italia a Santo Domingo, avvenuta lo scorso 31 dicembre 2014. Al servizio, firmato da Maria Pirro, ha collaborato fin dall’inizio anche Ricky Filosa, direttore di questo quotidiano online. Qui di seguito, il testo integrale dell’articolo.
Non è sempre facile vivere da italiani nel mondo. Prendiamo quelli che stanno nella Repubblica Dominicana: non possono rinnovare il passaporto nello stato caraibico. Se vogliono viaggiare, a maggior ragione nell’anno di Expo e del giubileo, devono prima farsi un volo di 1500 km, fino a Panama; più in generale, sono vittime della nostra burocrazia, pur restando a 8mila chilometri dal nostro Paese.
Che cosa è accaduto? Dal 31 dicembre 2014, cioè da quando l’ambasciata italiana a Santo Domingo è stata soppressa, ottenere qualsiasi tipo di servizio consolare è diventato un grattacapo: salvo rare eccezioni, i nostri connazionali e i loro parenti dominicani quando devono registrare un matrimonio, una nascita o anche solo autenticare una firma, sono costretti, previo visto, a imbarcarsi su un aereo per raggiungere Panama, più vicina sede diplomatica utile.
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Ufficialmente l’ambasciata risulta chiusa per i tagli della spending review, ma il provvedimento è stato impugnato davanti al Tar del Lazio e l’udienza è fissata per il 26 giugno. Nel ricorso l’associazione Casa de Italia richiama sullo sfondo anche uno strano traffico di pass di ingresso in area Shengen segnalato nel 2013, al centro di una indagine della procura di Roma, che però oggi risulta archiviata.
Di certo la Farnesina nega il collegamento tra le due vicende, ma la situazione è così critica che il 6 giugno una visita parlamentare ispettiva organizzata in gran segreto e guidata dal senatore Pd Vincenzo Cuomo è piombata nel bel mezzo dei Caraibi e ha in agenda un incontro anche con il capo di Stato Danilo Medina.
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A guidare la battaglia degli oltre 9mila iscritti AIRE, l’anagrafe dei residenti, è proprio il presidente di Casa de Italia, Enzo Seravalle: “Decine di ambasciate forniscono servizi a comunità più piccole della nostra – spiega – mentre noi dobbiamo andare a Panama, e spesso con la famiglia, con un biglietto aereo che costa 900 dollari. E ogni volo dura due ore e mezzo”.
E’ amareggiato anche Paolo Dussich, che rappresenta invece il Comitato Tricolore per gli italiani nel mondo: “Pagano sempre i più deboli. Persino il governo dominicano è irritato”. “Stiamo zitti”, ribadisce Gina d’Alessandro Ricart, incaricato d’affari della Ambasciata dominicana in Italia, “ma dispiaciuti e umiliati dalla scelta”. Anche per i suoi risvolti economici. Li fa notare l’imprenditorie Angelo Viro: “Oltre 400 imprese sono nell’elenco della Camera di Commercio italo-dominicana”. Non mancano i contraccolpi sociali, come sottolinea Aldo Burzatta, referente locale della onlus torinese Naaa: “Nessuno sa dirci che cosa fare per ottenere i visti dei bambini adottati”. E infatti una lettera di sollecito è stata spedita ai maggiori rappresentanti delle istituzioni, a cominciare dal premier Matteo Renzi.
Le risposte? Il sottosegretario agli Esteri con delega all’America Latina Mario Giro annuncia anche lui una visita a Santo Domingo: “Se non prima, subito dopo l’estate. Ho a cuore il problema. Gli italiani non devono sentirsi abbandonati, anche se la spending review ci ha costretto a chiudere 35 uffici nel mondo, e anche un’altra ambasciata, in Honduras”.
Intanto il portavoce dell’associazione parlamentare italo-dominicana Maurizio Capozzo sottolinea “lo sforzo per favorire la ripresa delle relazioni diplomatiche. Il governo dominicano non ha riconosciuto la riorganizzazione panamense fatta dall’Italia”.
Fonti dell’ambasciata spiegano a Panorama che per il rilascio dei passaporti si punta a un consolato onorario dotato di funzioni straordinarie. In pole c’è Riccardo Dina, oggi corrispondente. Per i visti (circa 8mila l’anno), si cerca una società in outsourcing. Intanto le autorità hanno concesso una corsia agevolata a chi deve raggiungere Panama.
Una presa di posizione è stata sollecitata a tutti i partiti dal Movimento Associativo Italiani all’Estero, coordinato a Boca Chica da Federico Flors, che ha raccolto oltre 3500 firme sulle spiagge. Resta incerto invece il destino del patrimonio, una villa con piscina e parco che ospita oggi la missione diplomatica italiana sotto la bandiera europea: “L’ha donata una famiglia per uso esclusivo. Una modifica della destinazione d’uso o la vendita esporrebbero il governo a un sicuro contenzioso”, è la tesi sostenuta al Tar dagli avvocati Giovanni Fighera e Febo Battaglia.
“Le ragioni di bilancio non si vedono”, conclude Ricky Filosa, direttore di ItaliaChiamaItalia, il quotidiano online megafono delle proteste. La battaglia dei Caraibi è solo all’inizio.
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