Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha confermato l’altro giorno nell’Aula di Montecitorio che il governo vuole riaprire l’ambasciata d’Italia a Santo Domingo (VIDEO). La notizia era già nota, in realtà: il sottosegretario agli Esteri Amendola, durante l’incontro alla Farnesina con i parlamentari del MAIE Merlo e Borghese, tenutosi prima della pausa estiva, aveva detto la stessa cosa. Tuttavia la conferma pubblica e ufficiale da parte del ministro degli Esteri in persona è certamente qualcosa di importante, che sembra sciogliere definitivamente ogni dubbio: l’ambasciata italiana nella Repubblica Dominicana si riapre. O no?
Già, perché in realtà di dubbi ne restano e come. Non abbiamo una data, per esempio. Abbiamo un annuncio, per giunta condizionato dalla questione economica, “se e quando troveremo i soldi, li stiamo cercando”. Dunque le cose sono due: o la Farnesina ha davvero intenzione di riaprire l’ambasciata, e quando le cose si vogliono fare i soldi si trovano sempre, oppure il numero uno della diplomazia italiana ha promesso sapendo di non poter mantenere. Noi non vogliamo credere a questa ultima ipotesi e ci auguriamo che le intenzioni del governo siano serie, reali, e non la solita presa in giro.
Ma durante il suo intervento al Question Time, rispondendo a Nissoli, Gentiloni ha espresso altri due concetti importanti, che riteniamo giusto sottolineare qui. Primo: ha ammesso, non senza difficoltà (gli si leggeva chiaro in faccia), visto che il governo a cui appartiene ha chiuso decine di sedi negli ultimi due anni, che nonostante la favoletta della globalizzazione si rende ancora necessaria una presenza dell’Italia all’estero. “Il caso di Santo Domingo lo dimostra”, le parole del ministro. Secondo punto: il titolare della Farnesina ha ammesso che la questione rete diplomatico-consolare riguarda altre zone del mondo, non solo la RD. “Il governo ne è cosciente e vuole fare di più, ma ha bisogno di un forte appoggio parlamentare”. In queste parole leggiamo un messaggio chiaro rivolto in particolare agli eletti all’estero: aiutateci ad aiutarvi.
Se Gentiloni è sincero quando parla della necessità di avere più Italia oltre confine (ma questo lo sapremo presto, il tempo è il miglior giudice), allora gli eletti all’estero farebbero bene a dargli una mano. Tutti e 18. È una di quelle questioni che non ammette divisioni. Via la casacca di partito, indossino quella degli italiani nel mondo. Qui si tratta di noi.
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