Lo ammetto, ho seguito poco la televisione questi giorni e per dirla tutta la seguo di rado in generale. Ho apprezzato recentemente “#ilpiùgrandespettacolodopoilweekend”, ed il “Checco Zalone Show” ma questo Sanremo con il vate Celentano e il dilemma sull’intimo di Belen non lo ho proprio accettato di buongrado.
Non ho digerito le clausole contrattuali, il cachet da 300.000€ a puntata con tetto a 750.000€ per le performance (?) di Adriano e soprattutto l’impossibilità di fermare una sua prestazione per il break pubblicitario (che avviene ogni 25 minuti di programma).
Ma come, in tempi di crisi dove agli italiani si chiedono enormi sacrifici, dove proprio di oggi è la notizia che il Governo Monti per far cassa tira fuori un decreto regio del 1938 che recita: «Chiunque detenga uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione dei programmi televisivi» è obbligato al pagamento del canone Rai, si acconsente un tale scempio?
In particolare si parla di “Canone Speciale”, quello a cui debbono aderire tutti gli esercenti commerciali, gli uffici, i bar, i ristoranti e via discorrendo. La notizia però non è questa, ma è insita nella nuova ratio o interpretazione della norma che obbligherà al pagamento della cartella esattoriale chiunque detenga un computer, un i-pad, uno smartphone, un decoder e se la follia non è stata rasentata, anche i detentori di videocitofoni e videocamere.
Non è uno scherzo, Rete Imprese Italia (Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti, Cna, Casartigiani) prevede un salasso da 980 milioni di euro sul tessuto produttivo italiano per richieste che vanno dai 200 ai 6.000 euro a seconda della tipologia d’impresa. Ed essendo automatico l’invio della richiesta si vedranno un po’ tutti toccati dal nuovo, pesantissimo balzello.
Quindi la Rai per tappare un buco di 800 milioni l’anno d’evasione con il 96% di esercizi pubblici restii a pagarlo lo chiederà a tutti, indipendentemente se costoro avranno o meno apparecchi televisivi e non un telefonino.
La fantasia fiscale in tempi di crisi davvero tocca strabilianti record, se non fosse che siamo noi i beffati ci scapperebbe da ridere; tuttavia una nota positiva l’ho riscontrata in un ragazzo napoletano di nome Alessandro Siani. Venti minuti di intervento che da soli son valsi tutto il carrozzone mediatico messo in piedi da circa 15 milioni di euro. Un personaggio che con la sua leggerezza è stato capace di unire i sentimenti più contrapposti e di fare ridere un Paese che poche volte si unisce per un applauso condiviso da Milano a Napoli.
Ci ha ricordato che Bossi non è Mosè, e che: “L’Italia è come il mare, indivisibile”.
Concludo con un appello alla sobrietà che va tanto di moda in questi tempi di magra: dato che l’ingaggio di personaggi famosi e pagati a peso d’oro serve per fare impennare l’audience, e quindi a monetizzare questo successo durante i break pubblicitari riscuotendo milioni di euro da chi acquista gli spazi, a cosa serve prevedere clausole capaci di farci perdere 650.000€ in un sol colpo per dei capricci “artistici”? Mamma Rai, se non sei capace di fare programmi in attivo questo è anche colpa del canone, un’arma in più che altri competitor come Mediaset non hanno per rimediare ad imperdonabili errori, negligenze ed imperizie. Privatizziamo le emittenti pubbliche, e affidiamoci al mercato.
twitter @andrewlorusso
Discussione su questo articolo