Mario Adinolfi, presidente del Popolo della Famiglia, sulla vittoria di Mahmood a Sanremo ha detto: “Non è come Jesse Owens che vince le olimpiadi davanti a Hitler, è come Denny Mendes che vince Miss Italia. Trattare la vicenda Mahmood come è stata trattata su un piano etnico-politico è una follia. Un malcelato inconscio razzismo ti fa fare delle scelte che travalica il valore stesso dell’opera, o del valore estetico nel caso di Denny Mendes. Il meccanismo che deve vincere la nera o quello che suona come immigrato è un errore. Se la giuria d’onore la facevi con Maria Giovanna Maglie e Paragone magari ci sarebbero state scelte diverse. La presidente Teresa De Santis se n’è accorta chi c’era in giuria d’onore?”.
“Il dibattito è politico – ha continuato parlando a Radio Cusano Campus -, ma alla fine conta chi vende i dischi e riempie gli stadi. Ultimo fa il concerto allo stadio Olimpico, Mahmood se lo sogna. Dal mio punto di vista Mahmood è un Ghali è un tono minore, ha capito che quella strada funziona. Non sto giudicando il valore artistico, non stiamo parlando di Bach contro Mozart, queste sono saponette e chi vende più saponette vince. Fra 30 anni nessuno si ricorderà ‘soldi soldi, clap clap’. In questo festival non ho sentito canzoni memorabili. Mi ha impressionato che il giorno in cui cominciava il festival è morto l’autore di “Perdere l’amore”, quella è una canzone che ha travalicato il tempo. Non credo che questa edizione di Sanremo travalicherà il tempo, ci ricorderemo solo le polemiche tra Salvini e Baglioni”.
Sull’avversione dei giornalisti a Il Volo. “Questo è molto brutto. Ultimo gliel’ha detta bene: voi avete una settimana per sentirvi qualcuno, ma in realtà non contate niente. Viva la saggezza di San Basilio che davanti a una certa spocchia sa rendere in cenere l’imperatore”.