Non si arresta l’esodo dei medici, pronti a lasciare l’Italia. Secondo le indagini di Amsi, circa 10.000 professionisti della sanità da gennaio 2023 hanno chiesto all’associazione informazioni per andare a lavorare all’estero, in particolare nei paesi del Golfo, ma anche Svizzera, Norvegia, Regno Unito.
“Solo nel mese di luglio ci hanno chiesto di lasciare l’Italia ben 500 tra medici e infermieri”, racconta Foad Aodi, presidente del Movimento Uniti per Unire e di Amsi (Associazione medici di origine straniera in Italia), docente all’Università di Tor Vergata.
“Ogni anno, i disagi economici, relativi a stipendi che non sono al passo con l’aumento del costo della vita – sottolinea – sono la prima causa di fughe all’estero verso paesi come quelli del Golfo che garantiscono retribuzioni che superano anche di tre volte i nostri.
Al primo posto, come ragione della fuga, c’è la mancata valorizzazione economica, poi ci sono le aggressioni e la cosiddetta medicina difensiva, con l’Italia che è l’unico Paese in Europa, oltre alla Polonia, a non avere ancora attuato una legge per la depenalizzazione dell’atto medico.
Non si può escludere nemmeno il peso del carico fiscale sugli stipendi dei professionisti – prosegue – così come la necessità di abbattere i tetti di spesa, e di certo anche il fattore delle discriminazioni e della burocrazia per medici e infermieri di origine straniera”.
“Il ministro della Salute Schillaci ha il nostro appoggio e il nostro pieno sostegno, come Amsi e come Uniti per Unire, ma non si possono aumentare le prestazioni dei professionisti senza nuove risorse.
Confidiamo che il ministro della Salute insieme al ministro dell’Economia Giorgetti possano trovare una soluzione in tempi brevi”, chiosa Aodi, ricordando il “manifesto-appello ‘Uniti per i medici’, 45 punti per sostenere le professioni sanitarie, a cui hanno aderito oltre 370 tra associazioni, professionisti e sindacati. Tra questi di certo spiccano l’adeguamento degli stipendi e la stabilizzazione dei contratti”.