Salvini, Di Maio e Di Battista padroni incontrastati dei media. Tg e talkshow accendono i riflettori solo su di loro e raccontano soltanto la loro narrazione, lasciando ai pochi e deboli oppositori il ruolo di comparse.
Ormai proni dinanzi al potere dell’audience, i giornalisti sono in gara per accaparrarsi i personaggi più attrattivi del delicatissimo momento politico e non si rendono conto di favorire con la presenza continua e gli slogan ripetuti ad libitum, che diventeranno il nuovo tormentone dell’estate, i convincimenti di un’opinione pubblica istintiva e facilmente condizionabile.
I nuovi tribuni di una plebe asservita ai social network e alle fake news stanno dimostrando con la loro retorica di avere raggiunto l’apice della popolarità più fanatica e sono diventati i divi conclamati della società dell’immagine con migliaia di fan al seguito. Basti vedere la delirante richiesta di selfie e i gruppi di esaltati ammiratori sempre più numerosi ad ogni loro uscita pubblica.
Dire che la maggioranza moderata e silenziosa nel Paese è morta non è un azzardo, se si considerano i numeri di questi nuovi adepti dell’uomo forte e ribelle. Sono loro a riempire le piazze e a pretendere di sostituire le istituzioni democratiche, che hanno garantito equilibrio e pace dopo le carneficine di guerre mondiali, con il nuovo corso, e ricorso storico, della deriva populista e violenta.
I partiti tradizionali sono in ritirata e la memoria storica cancellata. Dopo cento anni dal 1919, il ciclo positivo si interrompe e tornano nelle menti più lucide i fantasmi di un’epoca che sembrava tragicamente irripetibile e che si affaccia di nuovo alla Storia con tutte le caratteristiche di una società impazzita. Dio ci salvi dalle imitazioni. Siamo ancora in tempo?