‘Cacciati’ da giocattoli e biberon, sotto accusa nei cosmetici, gli ftalati, una delle sostanze chimiche piu’ ‘nel mirino’ negli ultimi tempi, ritornano in zaini, astucci e cestini per il pranzo. A scovarli una ricerca del Center for Health, Environment and Justice (CHEJ) statunitense, che ne ha trovato quantita’ rilevanti praticamente in tutti gli oggetti di uso comune a scuola testati. Lo studio dell’associazione americana ha esaminato diversi campioni di 20 oggetti tra zaini, astucci, cestini per la merenda, stivali e giubbini da pioggia, trovando tracce di ftalati in 16 prodotti su 20 e nel 75% dei casi a livelli piú alti di quelli ammessi per i giocattoli e i prodotti per l’infanzia dello 0,1% in peso. Tutti gli zainetti contenevano la sostanza, ma nessuno ne indicava la presenza, e in un caso, si legge nel rapporto, questo livello è stato superato di 52 volte.
La maggior parte degli ftalati trovati erano quelli ‘a basso peso molecolare’, considerati tra i piu’ pericolosi. La legislazione europea, cosi’ come quella americana, proibisce l’uso di queste sostanze, che servono a rendere piu’ morbida e meno ‘friabile’ la plastica, nei giocattoli per i bambini sotto ai tre anni e in tutti i dispositivi che possono entrare a contatto con la bocca dei bambini, come tettarelle o biberon. Ne e’ ammesso invece l’uso negli altri oggetti e ad esempio nei vestiti per neonati, dove sono stati trovati da una ricerca di Altroconsumo: "Ormai la pericolosita’ e’ accertata – spiega Emanuela Bianchi, esperta dell’associazione – c’e’ consenso nel mondo scientifico sul fatto che queste molecole sono interferenti endogeni,hanno cioe’ effetto sul sistema ormonale". Un effetto che sarebbe analogo a quello degli ormoni estrogeni.
Il motivo per cui il divieto non vale per tutti gli oggetti, spiega pero’ Alberto Mantovani dell’Istituto Superiore di Sanita’, e’ che non ci sono prove che ad esempio uno zainetto rappresenti una fonte di esposizione tale da costituire un rischio: "In linea di principio sarebbe meglio ridurre il piu’ possibile le fonti di esposizione – spiega l’esperto – ma come con tutte le altre sostanze e’ la dose che fa il rischio. Nel caso del materiale scolastico, soprattutto se destinato a bimbi non piccolissimi, difficilmente c’e’ un contatto con la bocca tale da costituire un pericolo". In futuro la scoperta di nuovi materiali potrebbe risolvere il problema: "C’e’ molta ricerca per trovare qualcosa in grado di sostituirli – conferma Mantovani – ma ovviamente prima di abbandonarli bisogna dimostrare che le alternative siano sicure".
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