L’intesa della maggioranza sul ddl Diffamazione dura meno di 24 ore. Raggiunta ieri a tarda sera tra tutti i gruppi, compreso quello la Lega che in apertura di seduta pero’ la sconfessa, non regge alla prova dell’Aula. Complice: il rancore trasversale ‘anti-stampa’ che anima la maggior parte dei senatori. Cosi’, ottiene il via libera la norma che evita il carcere per il giornalista che diffama. Ma su quella che riduce il tetto massimo delle multe da 100 a 50mila euro, c’e’ lo ‘stop’. Ad aprire il fuoco su una misura definita dai piu’ ‘ridicola’ e ‘insufficiente’ e’ il segretario dell’Api Francesco Rutelli. E’ lui il primo che invita i colleghi a dire ‘no’ al ‘Discount o al supermarket della diffamazione’ con multe a ‘meta’ prezzo’. Ed e’ sempre lui che parla di ‘killeraggio mediatico’ e raccoglie le firme per chiedere il voto segreto, sia per i tre emendamenti ‘taglia-multe’, sia per l’articolo 1 del ddl.
L’impresa riesce a tre quarti. Il fronte ‘anti-pene-irrisorie’ prende voce e parte all’attacco. E il voto segreto viene concesso, ma solo per l’articolo 1: quello che prevede il ‘no’ al carcere; la riduzione delle multe; l’obbligo di rettifica anche per i prodotti editoriali online (non solo quelli con il supporto cartaceo). Negli interventi si cita il caso Tortora e si fanno esempi di ‘gravi diffamazioni’. Ma quando il clima si surriscalda troppo, il capogruppo del Pdl Gasparri interviene per evitare l’impallinamento dell’intero testo: chiede di accantonare il ‘taglia-multe’ e di rinviare l’ esame del ddl a lunedi’. La richiesta di Gasparri e’ accolta con un respiro di sollievo dal presidente dei senatori Pd Anna Finocchiaro che teme per la tenuta dell’intesa. E a Chiti, tra i firmatari del testo, non resta che ufficializzare il rinvio.
Alla domanda sul perche’ l’accordo non abbia retto, la Finocchiaro con i ‘suoi’ e’ esplicita: ‘Questo non e’ piu’ il Senato. E’ il Colosseo dove si vuol vedere scorrere il sangue’. Tradotto: su questo tema governare l’Aula e’ impossibile.
E infatti un ‘certo fondo di acidita” contro la stampa, per usare le parole del socialista Carlo Vizzini, e’ piuttosto palpabile. E non solo negli interventi. Anche nei voti. Sempre a dispetto dell’accordo, infatti, passa a sorpresa un’altra norma ‘calda’, quella che obbliga i giornali condannati a restituire al governo una parte dei contributi editoriali ricevuti. Con il ‘no’ di 68 senatori del Pdl, 8 del Pd, piu’ tutto il gruppo di Lega, Coesione Nazionale e parte di Fli e Api, nonostante il ‘si’ ufficiale dei gruppi di maggioranza, si respinge la soppressione di tale obbligo. E da li’, ammette Vincenzo Vita, ‘si e’ capito che nulla sarebbe andato secondo i piani…’.
La verita’, ammette sconfortato il presidente della commissione Giustizia del Senato Filippo Berselli, uno dei relatori del ddl, ‘e’ che se salta davvero l’intesa raggiunta, salta l’intero progetto di legge’. ‘Ma piuttosto che far passare un testo senza equilibrio ed eccessivamente punitivo’, dichiara sempre Vita, ‘meglio lasciar perdere…’. ‘Ho sentito toni che non mi piacciono contro la stampa – interviene Finocchiaro a fine seduta – ma sarebbe un grave errore bocciare l’accordo’. Decisamente piu’ esplicito Rutelli: ‘E’ una frittata che contiene norme che non esistono in nessuna democrazia’. Il carcere per le gravi diffamazioni, ‘in Paesi come la Germania c’e”. Perche’ toglierlo in Italia?
Intanto, tra le misure che passano, c’è l’obbligo di rettifica anche per i ‘prodotti editoriali diffusi per via telematica con periodicita’ regolare e contraddistinti da una testata’ (definizione che sostituisce quella di ‘testate giornalistiche telematiche’) e resta l’ammazza-libri anche se con una rettifica piu’ soft. ‘Tanto – commenta un senatore della Lega – e’ tutto inutile, non credo che questo testo vedra’ mai la luce…’.
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