Nasceva oggi, 22 aprile del 1891 a Torremaggiore in provincia di Foggia, Ferdinando Nicola Sacco, il compagno di cella e di morte del cuneese (di Villafalletto) Bartolomeo Vanzetti. Sacco e Vanzetti o meglio conosciuti oltreoceano come Nick e Bart; il pugliese e il piemontese, celebri – loro malgrado – per la tragica vicenda che li vide coinvolti in uno degli abbagli giudiziari più eclatanti del novecento (uno dei tanti).
Ci sarebbe molto da dire su questa ingiustizia passata alla storia come la condanna “sbagliata” per antonomasia; dai lunghi 7 anni di tortura psicologica fino all’epilogo del braccio della morte. Anche loro erano nostri, cari, anzi carissimi connazionali, quasi coetanei e ritrovatisi nella terra promessa in cerca dell’agognato sogno; quello americano.
Anni difficili però, per “noi altri”, in quel nuovo continente. La cosiddetta “paura rossa” che anticipa di un ventennio il “maccartismo” incombeva sulle scelte delle autorità e il ferreo procuratore Mitchell Palmer, tra il ‘17 e il ’20, mette letteralmente alla gogna gran parte dei ribelli. Non comunisti, non filo marxisti, intendiamoci bene, ma anche semplicemente anarchici, non guerrafondai e non in linea con le direttive del governo dell’epoca.
Tra il 1908 e il 1909 sia Nick (Sacco) che Bart (Vanzetti) salparono dalla nostra Penisola in direzione Stati Uniti, senza però conoscersi. Era operaio in fabbrica il primo, commerciante di pesce il secondo e un paio gli anni di differenza d’età. Solo nel 1916, a seguito di alcuni scioperi e fuggiti in Messico dal richiamo alle armi ebbero modo di unirsi alle manifestazioni pacifiche antigovernative.
Tornati in patria, terminato il primo conflitto, furono subito presi di mira dalle forze di polizia, dal Ministero di Giustizia ed inseriti in una presunta lista nera di sospettati “pericolosi” da monitorare con particolare attenzione. In realtà furono dapprima incastrati per futili reati e poi per il ben più grave duplice omicidio di una cassiere e di una guardia giurata. Fu questo infatti l’ignobile capo d’accusa che li porterà dritti alla sedie elettrica; il 23 agosto del 1927 nel penitenziario di Charlestown.
A nulla è servita la confessione di Celestino Madeiros che scagionava completamente entrambi, così come i tanti appelli provenienti da diverse parti del pianeta e da numerosi personaggi illustri di quel momento. Nulla da fare; per i “nostri” la condanna era ormai decisa e scritta. Quasi un secolo dopo la loro vicenda ci fu un uomo che disse, davanti ai suoi carnefici, pochi istanti prima di venire brutalmente giustiziato la famosa frase: “vi faccio vedere come muore un italiano”. Costui si chiamava Fabrizio Quattrocchi, orgogliosamente siciliano, perito ingiustamente in Medio Oriente.
Oggi ricordando Sacco e Vanzetti potremmo dire che, anche se il destino per loro è stato infausto, ci hanno fatto vedere e hanno fatto vedere al mondo, a testa alta, come sono morti due veri italiani! «Io dichiaro che ogni stigma ed ogni onta vengano per sempre cancellati dai nomi di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti»: queste le parole pronunciate dal governatore del Massachusetts Michael Dukakis, durante un discorso il 23 agosto 1977, cinquant’anni esatti dalla vergognosa esecuzione dei nostri connazionali. Il resto… è silenzio!
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