Era la notte tra il 7 e l’8 agosto di tre anni fa, quando la Georgia invase militarmente l’Ossezia del Sud, repubblica del Caucaso riconosciuta come appartenente alla Georgia dall’ONU, che confina a nord con la Russia. Era il 2008. L’esercito della Federazione Russa rispose con un intervento militare rapidissimo e in una settimana sconfisse le truppe georgiane respingendole fino quasi alle porte della capitale Tbilisi. Il 15 agosto 2008 venne firmato il cessate il fuoco, ma la Russia non ha mai davvero completato il ritiro delle sue truppe.
I rapporti fra Russia e Georgia da allora sono ancora molto tesi. Dmitri Medvedev, presidente russo, ha ribadito ieri che l’attacco della Georgia fu un crimine contro la Federazione Russa e i suoi abitanti: "Il presidente della Georgia, Mikhail Saakashvili, ha fatto uccidere centinaia di nostri cittadini. Non lo perdonerò mai per quello, né gli parlerò, anche se a volte cerca di incrociare il mio sguardo durante qualche incontro internazionale. Prima o poi qualcun altro prenderà il suo posto come presidente della Georgia e allora ci sarà la possibilità di recuperare i rapporti con la Russia". Da parte sua, il governo della Georgia ancora oggi accusa la Russia di volere distruggere la sovranità e l’indipendenza dei cittadini georgiani e di avere condotto operazioni di pulizia etnica nei territori dell’Ossezia e dell’Abcasia.
Le relazioni politiche fra i due paesi sono quindi praticamente a zero. Quelle che però riguardano i settori dell’energia, dei traporti, della cultura, vanno avanti. Non solo: Mosca dice di essere pronta alla cooperazione commerciale con la Georgia, basta però – dice – che siano rispettate le norme internazionali e non si parli di confronto politico.
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