L’hanno chiamata ‘protesta dei baci’, l’insolita forma scelta dagli attivisti gay russi per dire no davanti alla Duma di Stato alla legge che vieta la ‘promozione di comportamenti sessuali non tradizionali’ presso i minori, che a loro avviso rischia di peggiorare la gia’ difficile situazione degli omosessuali nel paese. Venti i fermi. Ma i deputati non li hanno ascoltati, approvando quasi all’unanimita’ in seconda e terza lettura la norma che prevede multe per i trasgressori fino a un milione di rubli (23.500 euro), insieme a un’altra controversa legge che, sulla scia del caso Pussy Riot, sanziona le ‘offese al sentimento religioso dei credenti’ con fino a 3 anni di prigione. Un ‘pacchetto retrogrado’, criticato dai militanti dei diritti umani, che lo legano a un crescente conservatorismo sociale nel terzo mandato presidenziale di Vladimir Putin, foraggiato dalla Chiesa ortodossa.
Il testo della ‘norma anti-gay’, che per i suoi promotori serve a difendere i bambini ‘dalla negazione dei valori familiari tradizionali’, e che per entrare in vigore deve ancora passare alla Camera alta e alla firma di Putin, era stato emendato dopo la prima lettura eliminando la parola ‘omosessuale’. Ma non basta per Human Rights Watch che parla di ‘una discriminazione e una violazione dei diritti umani fondamentali delle persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender). Cercare di escluderli come ‘non tradizionali’ e’ cercare di renderli meno che umani. Cinico, e pericoloso’. E dubbi ha espresso anche il commissario russo per i diritti umani Vladimir Lukin: ‘una applicazione crudele e imprudente della legge potrebbe portare a perdite e tragedie umane’.
I russi pero’ sembrano d’accordo coi deputati: l’88 % sostiene la legge in un sondaggio Tsiom. L’omosessualita’ era reato nel paese fino al 1993, malattia mentale fino al 1999 e l’omofobia resta diffusa. A maggio due giovani sono stati uccisi dopo aver fatto ‘coming out’. E le minoranze sessuali sono minoranza anche in piazza: oggi alla Duma poche decine di attivisti gay, tra cui la nota scrittrice ‘dissidente’ Masha Gessen, autrice di un best seller su Putin (anche lei tra i fermati), se la sono dovuta vedere con 200 nazionalisti ortodossi che li bersagliavano con uova marce al grido di ‘La Russia non e’ Gomorra!’, ‘Ortodossia o morte’. Il capo del partito di opposizione Yabloko Serghiei Mitrokhin ha bollato come ‘Inquisizione’ le due leggi: ‘lo Stato sta cercando di prendere le distanze dai valori liberali europei’.
Il modello di famiglia tradizionale, pero’, sembra fare a pugni anche con la vita privata del capo del Cremlino, Vladimir Putin: che oggi ha dichiarato candidamente di non essersi mai sposato in Chiesa con la moglie Liudmila, dalla quale giovedi’ scorso ha annunciato il divorzio.
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