Nessuna intenzione di ‘sindacare la persona’ Silvio Berlusconi, o di giudicare uno ‘stile di vita’, perche’ ‘la vicenda di quest’uomo la giudicheranno le urne e la storia’, ma il puntuale adempimento ‘con onore di un dovere istituzionale’, quello di ‘indagare, come impone la legge, ‘ alla presenza di una notizia di reato, tra l’altro ‘macroscopica’. E’ con queste parole, pronunciate dal magistrato Antonio Sangermano nei primi venti minuti della requisitoria nel processo a carico di Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti per il caso Ruby, che la Procura milanese ha, in sostanza, respinto al mittente gli attacchi e le accuse di moralismo arrivati dopo l’intervento di Ilda Boccassini, qualche settimana fa, nel processo ‘parallelo’ a carico dell’ex premier.
‘Quello del pm – ha esordito Sangermano – deve essere, anche per l’importanza dirompente che questo caso ha avuto nella vita del Paese, un ragionamento probatorio, fondato sulle prove, perche’ il processo e’ ancora in Italia la ricerca della verita’, non una pubblica arena dove due contendenti si affrontano’. La prima parte dell’intervento del pm, che era affiancato in aula dal procuratore aggiunto Pietro Forno, e’ stata, dunque, una sorta di risposta implicita alle ‘stilettate’ arrivate da esponenti politici, ma anche da commentatori, dopo la requisitoria del procuratore aggiunto Boccassini, lo scorso 13 maggio, che si concluse con la richiesta di condanna a 6 anni per il Cavaliere. Sangermano ha ricordato, infatti, che alla Procura e’ stato imputato di ‘voler spiare una persona dal buco della serratura per una logica antagonistica o moralistica, ma questi argomenti sono espressi da persone che o non conoscono la legge o che vogliono raggiungere altri risultati’. Cio’ che, invece, bisogna sottolineare della vicenda Ruby, dal punto di vista processuale, e’ che ‘i pm – ha chiarito Sangermano – hanno ricevuto una macroscopica notizia di reato: c’era una ragazza minorenne che girava per le strade di Milano con pacchi di denaro, che viveva con una prostituta e che andava a casa di un uomo ricco e potente da cui diceva di ricevere denaro, dopo essere fuggita da una comunità’.
Tuttavia, da alcuni ‘questo processo – ha spiegato ancora il pm – e’ stato dipinto come una farsa o una maxi-intrusione nella vita di una persona e i magistrati sono stati descritti come accaniti ‘spioni’ e si e’ detto poi che il caso Ruby era un attacco alla liberta’ individuale e ad uno stile di vita’. Il pm ha precisato di non voler replicare a questo ‘profluvio di dichiarazioni’, se non per contrastare una linea difensiva processuale, che fa riferimento anche a una ‘morbosa insistenza dei pm, a domande torbide e viziose’. Tutti argomenti che ‘si possono contrastare in diritto’, partendo dal fatto che ‘la legge impone di indagare e di esercitare l’azione penale’, di fronte a notizie di reato. ‘C’e’ qualcuno – si e’ chiesto il pm – che, indossando la toga con onore, a fronte delle dichiarazioni della minore, delle oggettive anomalie della notte del 27 maggio 2010 (la famosa notte in Questura che si concluse con il rilascio di Ruby, dopo la telefonata dell’ex premier, ndr), di cio’ che dicevano Mora e Minetti al telefono, c’e’ qualcuno, ripeto, che avrebbe riattaccato la cornetta, senza indagare?’. E nel corso delle indagini, poi, i pm sono convinti di aver trovato riscontri e prove.
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