Roma – Dalla candidatura certa all’esclusione dalle liste. Il fedele berlusconiano Massimo Romagnoli spiega a Italiachiamaitalia.it perché non gli è pesato cedere il posto al collega Gianfranco Miccichè nella corsa al Parlamento europeo, un atto di "spirito di partito" che gli avrebbe consentito di affermarsi maggiormente in Sicilia dove l’ex deputato non era ancora così conosciuto come nella circoscrizione estero, nella quale si è più volte presentato. E’ in arrivo una candidatura regionale? "Se il partito me la proponesse, la valuterei volentieri".
Romagnoli, dalla candidatura all’esclusione. Pentito di aver ceduto il passo?
“È stata una scelta che ho fatto di mia volontà per spirito di squadra. Essendo un dirigente di partito ho ritenuto opportuno fare in modo che la campagna elettorale fosse portata avanti con un clima di armonia interna e, per ottenere questo, era indispensabile dare la possibilità di fare il capolista a un personaggio storico come Aldo Micciché”.
Quanto le è pesato essere messo in secondo piano?
“No, non mi è pesato. Anzi, aver fatto un passo indietro è equivalso a farne tre in avanti”.
Che cosa ha guadagnato?
“Mi sono guadagnato la stima da parte dei parlamentari regionali e nazionali di Forza Italia, ho dimostrato ancora una volta che non sono come altri che hanno preferito scappare e tradire entrando in altre formazioni politiche. Il mio spirito di partito è stato talmente forte che ha portato all’elezione di Salvo Pogliese con 61mila voti e Salvatore Cicu con 51mila voti. Sono stati i due candidati che ho sostenuto pubblicamente fin dall’inizio. In loro riconosco un mio buon risultato”.
Non ritiene che l’atteggiamento del partito sia stato ingrato nei suoi confronti?
“Non credo che il partito sia stato ingrato, ho avuto le mie soddisfazioni anche io, pur non essendomi candidato in Europa”.
Amaro contentino.
“No, nessun contentino. Grazie alla campagna elettorale svolta in Sicilia sono finalmente entrato con grande determinazione nella politica regionale e questo, per me, è molto importante perché, mentre prima ero riconosciuto e riconoscibile solamente nella circoscrizione estera, ora posso dire di esserlo altrettanto nella mia terra, in Sicilia”.
Quindi è in arrivo una candidatura siciliana?
“Non so se sarò candidato in Sicilia, questa scelta dipenderà dal partito”.
Sta lanciando un appello? E’ pronto ad abbandonare la sua circoscrizione storica per una candidatura più certa, regionale?
“No, non è un appello, è un messaggio. Diciamo che sarei sicuramente favorevole, accetterei con grande entusiasmo. In questo momento, però, nessuno può aspettarsi nulla dal partito, come si capisce dalla situazione interna che si evolve quotidianamente sotto gli occhi di tutti. Come vicepresidente del partito in Sicilia, sono intenzionato a istituire i dipartimenti in ogni singola città e la stessa cosa avverrà nella circoscrizione estera. Voglio organizzare Forza Italia Sicilia anche all’estero, fondando i circoli dei siciliani di Forza Italia nel mondo”.
Ha già programmato come realizzare questi progetti in concreto?
“I tempi sono rapidi, intendiamo calendarizzare le tappe delle aperture già dalla prossima settimana”.
In che modo ha creato consenso intorno a quelli che lei chiama "i suoi due candidati"?
“La campagna elettorale è stata sostenuta facendo una corretta presentazione dei candidati, è bastato comunicare quello che loro realmente sono. Pugliese è un giovane, ha 42 anni e andava votato come un rappresentante giovane e determinato, è vicepresidente dell’assemblea siciliana ed è stato già deputato della Regione Sicilia. Lui rappresenta l’ambizione e il volto nuovo, la forza in più in grado di migliorare il partito. Cicu, invece, è stato votato per la sua grande esperienza. E’ stato sottosegretario all’Economia e alla Difesa e come membro e profondo conoscitore del Parlamento italiano, potrà offrire la sua esperienza alla politica europea e fare da ponte per rappresentare la Sicilia in Europa”.
Quale sarà il suo ruolo?
“Io stesso sarò il ponte in Sicilia per Cicu, insieme all’onorevole Giuseppe Fallica”.
Che cosa chiederà loro? Su quali tematiche insisterà?
“Naturalmente ho scelto di sostenere proprio questi due candidati non solo per il loro curriculum ma anche perché hanno sposato il mio progetto che, da sempre, prevede attenzione ai siciliani, e in questo caso anche ai sardi, residenti all’estero e l’istituzione di un’agenzia atta a ricercare i fondi europei e ideare il modo giusto per impiegarli. Tra il 2007 e il 2013 in Sicilia non sono stati sfruttati ben 9 milioni di fondi, non vorrei che questa cosa si ripetesse negli anni a venire e, di conseguenza, è ora che anche la Sicilia impari a impiegarli. Mi farò portavoce di questa battaglia, affinché nel 2019 possa dire ai siciliani che i fondi sono stati spesi bene anche grazie al mio impegno e a quello del partito”.
All’indomani di ogni tornata elettorale si torna a parlare della leadership di Berlusconi. Appena l’immagine del Cavaliere si appanna, i voti calano. Non è ora di mandarlo in pensione?
“Prima di parlare della situazione in Forza Italia, è necessario premettere e ricordare che il nostro è stato sempre un partito dell’unione, ne abbiamo fatto parte perché abbiamo amato Berlusconi e, per quanto mi riguarda, lo amerò a vita perché ritengo che sia l’unico in grado di cambiare il Paese, l’unico con le idee giuste. Restiamo dentro il partito proprio per rispetto verso questo personaggio unico”.
Non esiste proprio nessun altro con le sue stesse idee, magari più giovane e preparato?
“Certo, ce ne sono molti. In Sicilia abbiamo miriadi di giovani che fanno parte di FI, li incontriamo nelle assemblee e sono loro i primi a volere il bene e l’unità del partito”.
Berlusconi ha polemizzato con Fitto e Carfagna, si è detto tradito e ha ricordato di "averli creati lui". Anche lei ritiene i suoi colleghi dei traditori?
“Fitto dice semplicemente che abbiamo bisogno delle tessere per un motivo molto chiaro, finirla con i cosiddetti raccomandati, i nominati calati dall’alto. Non puoi fare il coordinatore della Calabria, ad esempio, solo perché sei amico di Berlusconi”.
Quindi la questione del tesseramento è giusta?
“Sì, a mio avviso il tesseramento è una questione valida ma dobbiamo farlo capire al presidente, non cambiare partito. Dobbiamo renderci conto che abbiamo perso 10 milioni di voti e ripartire da questo”.
E, in questa perdita di consenso, non vede responsabilità da parte di chi detiene la leadership?
“La leadership non ha nulla a che fare con questa questione che riguarda, invece, l’organizzazione stessa di Forza Italia. Non bisogna fondare un nuovo partito. Ho girato tutta la Sicilia in questa campagna elettorale, visitando 398 comuni per quattro volte in un mese, e ho potuto constatare che c’è un forte allontanamento dal partito. Si dovrebbe individuare un coordinatore a Capo D’Orlando, uno a Catania, a Termini Imerese e così via e non possiamo sceglierli solo perché sono amici di Toti o Berlusconi”.
Quali sono i prossimi appuntamenti in programma?
“Giovedì ho incontrato Pogliese ad Acireale e martedì vedrò Cicu a Roma. Il primo luglio sarò a Bruxelles con loro”.
A che titolo? Lei non è stato nemmeno candidato.
“Vado come dirigente del partito, non per il mio ruolo in circoscrizione estero. Ho contribuito a portarli in Europa e ci tengo ad essere presente nel momento dell’investitura ufficiale”.
Ha già progetti e date concrete da annunciare per l’Europa?
“Entro il 15 luglio apriremo la prima agenzia per i fondi europei in Sicilia. Iniziamo da Capo D’Orlando come progetto pilota, poi ne apriremo uno in ogni provincia. I soldi europei finora non sono stati sfruttati perché non c’è mai stata la giusta comunicazione.
E per l’estero?
“Mi auguro che anche la circoscrizione estero possa essere organizzata come io stesso sto facendo in Sicilia. Mi riferisco al dipartimento che dirige FI nel mondo”.
Che cosa bisognerebbe fare, secondo la sua opinione?
“Organizzare dei dipartimenti in ogni singolo paese, dovrebbe pensarci chi coordina all’estero FI”.
Per quale motivo non viene fatto, o è stato fatto solo in parte?
“Secondo me, perché c’è chi non vuole far crescere i singoli, i rappresentanti politici interni”.
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