L’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno è intervenuto a Radio Cusano Campus e sulla delibera che ha portato all’assegnazione delle case popolari ai rom ha detto: “E’ ovvio che si tratta di una strumentalizzazione dire che quella delibera l’abbiamo fatta noi. Nella nostra delibera non c’era nessuna norma a favore dei rom, si assegnavano solo dei parametri nelle graduatorie. C’erano dei limiti precisi per evitare che ci potesse essere quest’assegnazione, infatti nei nostri 5 anni non c’è stata alcuna assegnazione di casa popolare ai nomadi. Anche perché non si può pensare di integrare i rom partendo dall’assegnazione della casa”.
“Spesso e volentieri accade che queste persone tornino a vivere nei campi nomadi per loro scelta e che affittino la casa, oppure che trasformino quella casa e quel condominio in un campo nomadi. Sono loro che devono scegliere, con risorse che hanno già, di andare a prendersi un appartamento sul mercato. Chi lavora e si è integrato non ha importanza l’etnia. La scelta di cittadinanza parte dal lavoro regolare. Gran parte di queste situazioni di povertà in realtà spesso e volentieri nascono la volontà di non stare nella legalità. L’altra cosa da fare è garantire la legalità nei campi nomadi, che devono smettere di essere dei buchi neri di legalità e bisogna metterci la vigilanza come avevamo fatto noi, in questo modo piano piano i campi nomadi si svuotano. I nomadi si muovono in tutta Europa e vanno verso quei contesti sociali dove hanno una maggiore tolleranza. Dare case ai nomadi significa attrarre altre nomadi che verranno a Roma sperando che gli diano una casa popolare. Bisogna obbligarli a lavorare e a rispettare le regole come tutti i cittadini”.
Sulle proteste a Casal Bruciato. “La guerra tra poveri nasce sempre quando c’è abbandono ed esasperazione. Noi cercammo di fronteggiare il problema delle periferie romane, oggi non si riesce a dare risposta a nessun problema. Se l’amministrazione continuerà a lasciare abbandonate le periferie, ogni occasione sarà buona per i cittadini per manifestare la propria rabbia. Quella gente che protesta lì non ce l’ha tanto con i nomadi, ma con la situazione di abbandono che caratterizza le periferie”.