Se qualcuno nel Partito Democratico aveva sperato che la rottura del Patto del Nazareno potesse essere assorbita senza troppe scosse, è stato clamorosamente smentito dalla burrasca parlamentare della scorsa settimana.
Non era la prima volta, certo, che nel Parlamento italiano volavano insulti irripetibili e si arrivava alle mani, ma questa volta la rissosità dell’aula contrastava con la serietà e lo spirito di condivisione che i cittadini si attendono dai lavori per una riforma costituzionale.
Il giorno più lungo di Renzi è iniziato nel cuore della notte di giovedì scorso, quando il Premier si è presentato in Parlamento, riunito in seduta notturna per sostenere il DDL Boschi, minacciato dalla "saldatura" delle opposizioni scatenate, FI, grillini, leghisti e SEL. Il DDL intende abrogare il bicameralismo perfetto, affidando alla sola Camera dei Deputati il ruolo politico e restituisce allo Stato Centrale molti dei poteri che la riforma del titolo quinto della Costituzione gli aveva sottratto.
Consapevole di star giocando la partita della legislatura, Renzi non molla, anzi rilancia, quando FI, M5S e Lega lasciano l’aula parlamentare per protesta contro la votazione delle norme non condivise. Quando finalmente, alle 03:00 di domenica mattina, arriva l’ok dell’aula semivuota, il campo appare, politicamente, pieno di macerie. I partiti, come fa notare Rocco Buttiglione, ormai non dialogano, ma "ognuno si rivolge all’opinione pubblica, non bada all’Aula ma alla TV, pensa solo all’impatto mediatico di ciò che dirà".
La situazione ha del paradossale: ancora una volta è il Quirinale, nella persona del nuovo eletto Sergio Mattarella, la cui elezione ha scatenato le opposizioni, ad essere chiamato come arbitro di un "ingorgo politico" di difficile soluzione.
Dal loro canto, molti oppositori del Patto del Nazareno, all’interno del Partito Democratico, sperano che, se vera rottura c’è stata, Renzi tragga vantaggio dalla sua libertà di azione nei confronti di Berlusconi, per eliminare le liste bloccate, ottenendo l’appoggio dei 5 Stelle e SEL. La riforma, promette Renzi, verrà sottoposta a Referendum: "vedremo se la gente starà con noi o con il comitato del no".
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