E così sono 21 ori, tre dei quali a Rio 2016, le Olimpiadi del ritorno e forse dell’addio. Michael Phelps, il cannibale di Baltimora, a 31 anni è ancora il più forte di tutti, e di gran lunga: va oltre il mito, perché dopo essere diventato il più vincente nella storia a cinque cerchi, anche in Brasile continua a essere un collezionista seriale di medaglie. Meglio se del metallo più prezioso.
Prendendosi la rivincita per l’oro mancato a Londra 2012, ha trionfato nei 200 farfalla, con 1’53"36, lasciando al quarto posto il suo ex amico e rivale sudafricano oro quattro anni fa Chad Le Clos, davanti al sorprendente giapponese Masato Sakai e alla giovane promessa ungherese Tamas Kenderesi. Arriva a quota venti e nemmeno un’ora dopo raggiunge quota 21 ori, più di quanti ne abbiano vinto Giamaica, Argentina o Austria.
Phelps vince la staffetta 4X200 sl insieme con Conor Dwyer, Francis Haas e Ryan Lochte. "Fare una doppietta come questa è molto più difficile di una volta – racconta -, non ci sono dubbi, anche con la pausa di un’ora. Aspetto con fiducia il resto della settimana: non siamo neppure a metà strada, e rimangono sette gare", per gli Usa. Phelps è atteso dai 200 misti e dai 100 farfalla.
"Era l’ultima volta che nuotavo i 200 farfalla – racconta ancora-. E’ pazzesco pensarci. Ma rivedere il numero uno accanto al mio nome e ancora una volta su questa specialità, non poteva andare meglio".
Anche fuori dalla vasca abbiamo assistito ad un vero e proprio Phelps show, per la gioia delle tv americane che lo hanno seguito a milioni, in prime time. Prima c’è stato il ‘finger wagging’, cioè il dito alzato ormai simbolo della vittoria per i nuotatori a stelle e strisce, quando era ancora in acqua dopo i 200 farfalla. Per molti commentatori è stato un ‘gestaccio’ contro Chad. Perché l’hai fatto gli chiedono in conferenza stampa, dopo il 21.mo oro. "Non saprei. Mi è venuto così. Essendomi sfuggito il 2012, ho
rosicato e questa era la vittoria che volevo. Volevo davvero recuperarla". E su Chad: "Siamo avversari. Non voglio che vinca e lui non vuole che vinca io. Ha talento".
Dopo i 200 farfalla, Phelps rimane a bordo piscina, silenzioso come si preparasse alla seconda sfida, ma commosso, mentre il pubblico carioca, entusiasta, lo applaude con una standing ovation. Poi l’abbraccio, con decine di fotografi alle sue spalle, con il piccolo Boomer, 3 mesi, sugli spalti con la mamma Nicole Johnson. "Avrei voluto tenerlo in braccio più a lungo, come mi succede ogni sera. Felice di vederlo ancora sveglio, normalmente dorme tutto il tempo", racconta ai giornalisti. Se la prima cerimonia di premiazione è stata quella delle lacrime per la vittoria ritrovata dopo Londra, la seconda verrà ricordata come quella della risata durante la note dell’inno americano, lo ‘Star Spangled Banner’, suscitando un pandemonio sul web. Ad un certo punto dell’inno, quando recita "Oh say does that starspangled banner yet wave", la bandiera a stelle e strisce sventola, dal pubblico qualcuno urla "Oh!". E’ uno dei suoi amici. Phelps si mette a ridere, ma solo a Baltimora, la principale città del Maryland, hanno capito perché. Succede sempre nel pre partita degli Orioles, la mitica squadra locale di baseball, in occasione dell’inno nazionale.
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