Il Senato fa il primo passo sulla via del taglio del numero dei parlamentari. Riducendo pero’ solo i ‘colleghi’ dell’altro ramo del Parlamento. E puntuale esplode la polemica. L’Aula di Palazzo Madama da’ il via libera, quasi all’ unanimita’, all’articolo 1 del ddl sulle riforme costituzionali, che prevede la riduzione dei deputati da 630 a 508 (di cui 8 eletti all’Estero) e l’abbassamento a 21 anni dell’eta’ per essere eletti. L’auto-riduzione’ del numero dei senatori puo’ invece, per il momento, attendere. Ma per evitare l’accusa di ‘conflitto di interessi’, il presidente del Senato, Renato Schifani, assicura che, al piu’ tardi entro mercoledi’ prossimo, saranno tagliati anche gli eletti di Palazzo Madama. Ora, e’ l’apertura che fa il Pdl con il segretario Angelino Alfano, sara’ possibile procedere alla riforma della legge elettorale.
Rinviati invece in commissione, su decisione di Schifani, i due veri nodi della riforma: il semipresidenzialismo e il Senato federale sui quali ieri sembrava essersi saldata nuovamente l’asse Pdl-Lega. Si tratta di due ‘nodi’ aggiunti in seguito, da leghisti e pidiellini, al testo che aveva ottenuto il via libera dai tecnici della maggioranza coordinati da Luciano Violante e che hanno di fatto condizionato l’intero provvedimento. La scelta di far tornare in commissione i due temi ‘caldi’ arriva in una seduta d’Aula piuttosto tesa. Il presidente dei senatori Pd, Anna Finocchiaro, accusa Schifani di non essere stato ‘garante istituzionale e politico’ quando ha considerato ammissibili gli emendamenti del Pdl sul semipresidenzialismo: la prima ‘violazione’ del patto ‘ABC’ intercorso in commissione. ‘Non sono un segretario politico’, e’ la secca replica di Schifani che torna a giustificare l’ammissibilita’ di quegli emendamenti sostenendo che il testo delle riforme parla di modifiche alla Costituzione anche per ‘la forma di governo’. Grazie alla protesta, pero’, il Pd ottiene il rinvio in commissione del Senato federale e del semipresidenzialismo: la parte del testo su cui c’e’ l’intesa Pdl- Lega. Ma riesce anche a ‘mettere in sicurezza’ il taglio dei parlamentari. Una volta ridotto il numero dei deputati, infatti, sembrerebbe d’obbligo fare altrettanto con i senatori.
Ma la norma sugli eletti di Palazzo Madama e’ nell’articolo 2 sul Senato federale quello tornato in commissione (e prevede la riduzione da 315 a 200 dei senatori che rappresentano i territori cancellando quelli eletti all’estero). Cosi’, tra lunedi’ e martedi’ la commissione Affari Costituzionali dovra’ trovare una nuova intesa sul punto da portare in Aula. ‘Con l’articolo 2 – assicura il relatore Carlo Vizzini – torneremo sicuramente in Aula mercoledi’. Esamineremo solo la parte sul Senato federale mentre sulla riduzione dei senatori e’ gia’ tutto stabilito’. E nel Pd e nell’ Udc c’e’ chi propone di mandare il testo alla Camera per garantire l’ok definitivo almeno sul taglio di tutti i parlamentari: deputati e senatori. ‘Mettiamo in sicurezza le parti che riusciamo a votare insieme’, chiede la Finocchiaro, preoccupata che si arrivi a un nulla di fatto sull’intero provvedimento.
Il capogruppo Pdl Maurizio Gasparri chiede pero’ un immediato pronunciamento anche sull’elezione diretta del capo dello Stato perche’ ‘il cammino delle riforme non puo’ essere interrotto’. ‘Auguriamoci di farle in questa legislatura’, e’ l’auspicio del presidente della Camera Gianfranco Fini.
E intanto esplode la polemica. Per il segretario di Sel Nichi Vendola il voto di oggi e’ solo ‘un mini spot’. Mentre il deputato Pino Pisicchio (Api) parla di ‘bizzarrie’ e di ‘conflitto di interessi’ se Palazzo Madama non riducesse anche il numero dei senatori.
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