"Io nella mia vita non ho fatto altro che riforme e se ci fosse l’occasione di discutere potrei anche dare una mano. E, se mi si tira per i pochi capelli, devo dirlo: le uniche cose che stanno funzionando per dare un po’ di lavoro, dalle ristrutturazioni della casa al ripescaggio della Sabatini, alla portabilità dei mutui, me le sono inventate io. Riforme, ma di centrosinistra. Io, noi, altri, un po’ di idee le abbiamo, ma purtroppo non stanno in un tweet". Lo afferma l’ex leader del Pd Pier Luigi Bersani in una intervista al Corriere della Sera.
"Io sostengo la tesi che la combinazione fra riforma costituzionale e riforma elettorale ci consegna un sistema costruito per l’uomo solo al comando, senza contrappesi", "è un sistema del ghe pensi mi. In quale democrazia un premier si nomina gran parte dei parlamentari, capo dello Stato e istituzioni di garanzia? Io non sono d’accordo", "quando la gente vedrà che il Senato viene composto in una trattativa su scala regionale, dove uno fa l’assessore e l’altro il senatore, magari per l’immunità, l’ondata di antipolitica che ne deriverà la mettiamo a carico di chi ora fa finta di niente, ok? Se si vogliono risparmiare soldi si riduca di 100 o 150 il numero dei deputati. Perché devono essere 630?".
Sulla proposta di Sposetti di abolire il Senato dice: "Una provocazione, ma sono d’accordo. Se non ha nobiltà, aboliamolo senza drammi". Sanzioni in vista? "Sui temi costituzionali neanche il Pci chiedeva la disciplina", "e siccome ho sempre detto che siamo un partito senza padroni, mi augurerei che fossimo anche un partito senza servi".
"Il Paese ha difficoltà enormi. Ma io vorrei uscire dal circolo vizioso, non si può rimettere in sesto l’Italia se prima non si mette in sesto il Pd. Questo è il punto di fondo e ne abbiamo un esempio in queste ore. Se qualcuno, a freddo e strumentalmente, si inventa dei Vietnam e dei vietcong, si è autorizzati a pensare che vogliano giustificare il napalm", "l’unico Vietnam che ho visto io è stato su Marini e Prodi. Nel Pd ci sono in giro degli esperti di Vietnam".
"Per dare una mano all’Italia bisogna prendere atto che il tema non sono 25 senatori bersaniani, è che il Pd ha un problema politico profondo. Dopo mesi di parole su lavoro, scuola, tasse, Rai, Verdini, Azzollini, ormai è emerso che tra i militanti c’è un distacco e non sto parlando di Vietnam, ma di Campagnola Emilia. Tra la nostra gente infuria la domanda ‘Chi siamo? Con chi andiamo?’. Basta girare un po’ e ci si rende conto. Con la stessa generosità che ho mostrato io, chi è segretario ora deve prendere in mano il problema, perché noi abbiamo bisogno del partito riformista del secolo". E sottolinea: "Se si vuole innovare il Pd, io ci sto. Altra cosa è disarmare un’idea, una cultura, una retorica di centrosinistra, aprendo il varco a una destra regressiva", "io il Pd voglio salvarlo, perché è l’unica speranza per l’Italia e mi auguro che la mia preoccupazione sia condivisa da chi dirige il traffico. Qui non c’è in gioco solo il Pd, ma il Paese".
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