“Renzi e Berlusconi sono destinati a sposarsi se non vogliono andare a casa entrambi”. Cacciati da Grillo e dal Movimento 5 Stelle. È questa l’analisi di Vittorio Feltri, fondatore e direttore del quotidiano Libero.
Nel suo editoriale, pubblicato sul giornale del 2 novembre, Feltri torna a ribadire un po’ quella che da alcuni mesi è un’ipotesi: la possibile nascita di un partito della Nazione che pensi al bene dell’Italia ma anche – soprattutto? – a bloccare il M5S nella corsa a Palazzo Chigi. Feltri non ha alcun dubbio: il Cav e l’ex sindaco di Firenze dovranno tornare ad allearsi, comunque vada il referendum. Lo devono fare per rafforzare l’area moderata del Paese, fermare i populisti Grillo e Salvini e governare insieme in una grande coalizione.
Un discorso, quello di Feltri, che ovviamente non piace al leader della Lega nè a Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia: “Nessuna grande coalizione, io sto con Salvini”, assicura.
Eppure ciò che scrive Vittorio Feltri ha un senso. Matteo Renzi e Silvio Berlusconi sono più simili che diversi. Farebbero bene renziani e berlusconiani a guardare tutti all’interesse del Paese ma anche di quei milioni di moderati che compongono la parte maggioritaria dell’elettorato. Per questo Silvio sul referendum si espone per il No ma senza una vera convinzione. “Berlusconi vota No ma pensa Sì”, ha commentato Marcello Sorgi, la Stampa. Del resto solo qualche tempo fa il Cav diceva “noi siamo responsabili e sposiamo e sosteniamo le riforme del governo nell’interesse del Paese, sono le riforme che come centrodestra abbiamo sempre proposto”. Poi sappiamo tutti cos’è successo. Il Quirinale, l’addio al Nazareno, Forza Italia che passa ad essere opposizione dura e pura. Ma fino a quando?
“Questa riforma va nel solco della storia di Forza Italia: per questo va votato sì” al referendum costituzionale del 4 dicembre, per questo “ritengo che Berlusconi stia commettendo un grave errore sia riguardo alla storia riformista sua e di Forza Italia sia alla sua strategia politica”. Lo afferma in una intervista al Corriere Fiorentino l’ex presidente del Senato Marcello Pera impegnato con Liberi sì nel promuovere la riforma costituzionale. Pera è convinto che se vincesse il no “la leadership di centrodestra passerebbe al leader della Lega Matteo Salvini”. Forza Italia è ancora in tempo a “cambiare verso” e ad abbandonare la campagna per il no? “Io penso che Berlusconi ci stia veramente pensando e voglia uscire dal ‘cul de sac’ in cui sciaguratamente si è inserito” conclude Pera.
All’interno di Forza Italia non c’è nessuno in grado di prendere il posto dello zio Silvio. Chi gli gira intorno di solito lo fa più per i propri interessi personali che per quelli del partito. Un partito che ormai è allo sbando e che se è ancora sopra il 10 per cento nei sondaggi nazionali è perché a guidarlo c’è il Berlusca. Brunetta e company dovrebbero essere capaci di ammettere che il loro tempo è finito. E dare spazio. Solo che Fi non riesce a rinnovarsi. Non c’è inoltre un sistema, come nel Pd, che consenta di scalare posizioni e diventare segretario – presidente – leader. E poi il figlio politico che Berlusconi ha sempre voluto ma non ha mai avuto si chiama Renzi e sta dall’altra parte della barricata.
La situazione non è affatto facile. E il referendum rende tutto più complicato. Berlusconi avrebbe dovuto, secondo me, sostenere le riforme fino alla fine e ne sarebbe uscito vincitore. Avrebbe marcato la differenza tra la sua politica, ragionata, volta al bene comune, e quella di Salvini e Grillo, urlata, che parla alla pancia e non al cervello degli italiani. Silvio, sarà l’età, alla fine ha scelto la strada più semplice. Perché votare Sì è diventato impopolare, politicamente scorretto, fuori moda. Questo il contesto che si è creato, anche a causa di quei sondaggi che danno ormai per scontata la vittoria del No. Ma respingere queste riforme sarebbe uno sbaglio e lo sappiamo tutti. Lo sanno anche tanti sostenitori del No, quelli che “io la riforma nemmeno l’ho letta ma voto No a prescindere”. Ciechi. Fate un danno a voi stessi, così, e lo fate all’Italia. Ai vostri figli e nipoti. Alle generazioni che verranno.
I nostri padri hanno rallentato il Paese abbastanza, negli ultimi decenni. Hanno raddoppiato il debito pubblico negli anni ’80, tra tangenti, assunzioni pazze usate come ammortizzatori sociali, baby pensioni. Direi che è arrivata l’ora di dire basta. E di dire no a un andazzo che è durato fin troppo. Se le riforme erano la cosa più urgente per l’Italia fino a poco tempo fa, se davvero sono “improcrastinabili” come ci siamo ripetuti più volte, non si capisce davvero perché tutto a un tratto le cose dovrebbero cambiare. Per mandare a casa Renzi? A noi sembra un errore colossale. Renzi si manda a casa con le elezioni politiche, non con un voto al referendum che riguarda la nostra Costituzione, le nostre istituzioni, e non il futuro politico dell’ex sindaco di Firenze. Che se perderà il referendum, non ci stancheremo mai di ripeterlo, sarà anche a causa di quella frase che non avrebbe mai dovuto dire: “Se perdo non solo vado a casa, ma smetto anche di fare politica”. Un errore da principiante, Matteo. A cui rimediare, lo stiamo vedendo, ormai appare quasi impossibile. Fino all’ultimo c’è ancora tempo per vincere e convincere.
La riforma fa male ai partiti e ai politici di professione, perché toglie loro quattrini e poltrone, mentre fa bene a noi italiani e al nostro Paese, che ha tanto bisogno di guardare avanti. Prendiamocela. #BastaunSì.
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