All’attenzione del Parlamento, in queste
ultime settimane, è tornato il gioco pubblico. Dopo due anni di pandemia e una
penalizzazione forse fin troppo onerosa, il comparto del gioco è rientrato sui
tavoli della politica ma non forse come dovrebbe. Gli esperti di Bonus Ricchi non hanno dubbi: “Era
stato predisposto un piano di riordino per il settore, e da approvare da parte
del Consiglio dei Ministri, ma l’iter non è mai partito”. Ritorna così un
vecchio problema, quello del riordino dell’intero settore, in vista di una
programmazione che per il futuro si fa sempre più cupa ed incerta.
Si sente parlare di una complessiva riforma del gioco pubblico grossomodo da
quando, nel 2011, l’ultimo governo Berlusconi decise di intervenire,
regolarizzando il settore.
Da lì in poi la categoria gioco online in Italia ha fatto grossi passi in
avanti, arrivando fin da subito a stabilire importanti cifre, esplose poi con
la pandemia da Covid-19 e la migrazione dei giocatori, che si sono trasferiti
tutti sul canale online.
Tutti gli Esecutivi che si sono succeduti dal 2011 hanno promesso più volte di
prendere in mano la situazione. Che oggi, sotto un certo punto di vista, pare
essere sfuggita di mano. Un groviglio di leggi regionali, attive, da attivare,
in scadenza e in rinnovo, tengono sotto scacco la filiera del gioco.
Così si sta assistendo al fenomeno contrario: il gioco di Stato resta tagliato
fuori, mentre imperversa il gioco illegale, un business per le mafie ed il crimine
organizzato come dimostrano i fatti di cronaca. “Una situazione da scongiurare è proprio l’espandersi della filiera illecita”
– commentano ancora da Bonus Ricchi.
La situazione è quantomai complessa e frastagliata ma la sensazione è che,
almeno al momento, non si interverrà. Il Governo ha il suo bel da fare con il
PNRR, le cui rigide scadenze da rispettare tassativamente rischiano di tagliare
fuori settori su cui sarebbe saggio intervenire. Tra questi il gioco.
Nell’immediato non sono attese grosse novità, e questo rischia che alle
criticità già esistenti se ne vadano a sommare altre. Rimandare non pare essere
la soluzione, denunciano dal settore gioco. Slittare la riforma oggi significa
aspettare la prossima legislatura, che
dovrebbe partire a metà 2023.
Significa, ancora, prolungare uno stato di sofferenza che piegherebbe in due,
su se stesso, un settore da oltre 100 miliardi di fatturato. Rischia così di
concludersi in un grande spreco quella che potrebbe, dovrebbe essere una grande
opportunità di rilancio. Anche per le casse dell’Erario.
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