Da qui a ottobre, quando si terrà il referendum costituzionale con cui il popolo italiano sarà chiamato a decidere se approvare o meno le riforme fatte dal governo, si faranno un sacco di chiacchiere (in realtà sono già iniziate): riformatori e fronte del No si confronteranno in infiniti dibattiti e più la data del referendum si avvicinerà più il clima politico diverrà incandescente. Prima che tutto questo vociare si faccia troppo rumoroso, vorrei poter dire la mia.
Silvio Berlusconi ha sempre proposto le riforme costituzionali. Matteo Renzi le ha portate al traguardo. Inoltre, gli amici di Forza Italia, che oggi si schierano contro il cambiamento (o contro il governo?), non possono dimenticare che questa riforma l’hanno scritta insieme a Renzi. Ed è mia opinione personale che rappresenti un passo avanti nella direzione della semplificazione della politica e della riduzione dei costi.
Del resto, parlano i numeri: un parlamentare su tre resterà senza poltrona, con un risparmio solo in stipendi di circa 50 milioni di euro. Non siamo tutti stanchi di avere mille persone in Parlamento, con annessi super stipendio e privilegi vari? Non eravamo noi, pubblica opinione, a chiedere di abbassare i costi della politica? Qualcuno dice che restano i rimborsi per i futuri “senatori”, consiglieri regionali e sindaci. Beh, volete paragonare un rimborso spese a uno stipendio da senatore?
Forse quella del governo non è la migliore riforma possibile; e certo non è più quella da cui si era partiti all’inizio con una partecipazione più larga. Ma che Silvio Berlusconi si sia ritirato dal patto del Nazareno per ripicca sull’elezione a capo dello Stato di Mattarella è un enigma difficilmente spiegabile agli occhi della gente. Anche perché il nostro Presidente della Repubblica appare molto più conciliante di Napolitano. Non sembra meritare un giudizio di faziosità.
La riforma è comunque perfettibile, e non possiamo essere ingenui fino al punto di dimenticare che in politica esistono anche i compromessi, quando si tratta dell’interesse del Paese. Non viviamo nel migliore dei mondi possibili. E se diamo per scontato che non esiste la riforma perfetta, dobbiamo ammettere anche che andando avanti con i no l’Italia non si rinnoverà mai. Pensiamo troppo a questioni partitiche, di destra e sinistra, e non all’interesse del Paese.
Ci hanno riempito di parole sulla necessità delle riforme e adesso c’è chi si prepara ad affossarle. Quando il centrodestra ha proposto un referendum per cancellare tante poltrone di parlamentari il centrosinistra ha fatto campagna contro e non è passato. Adesso la situazione è ribaltata, ma il pericolo è che il risultato sia lo stesso. Così non cambierà mai niente.
Tra le obiezioni a questo referendum c’ è anche quella di considerare queste riforme figlie di un governo “abusivo” e di un premier non eletto. Forse andrebbe ricordato che la nostra è una Repubblica parlamentare e che il parlamento ha votato da subito la fiducia a Renzi e l’ha rinnovata più volte.
Non so come voterò a ottobre. Ma oggi sono orientato a dire sì al referendum costituzionale. Non pretendo di convincere nessuno. Desidero contribuire, se posso, al dibattito. Così, per quanto riguarda me, penso che levarci di torno trecento e passa senatori in un colpo solo sarebbe un bel risparmio di soldi pubblici. Oltre trecento poltronisti di comodo dovrebbero tornare tutti a cercarsi un lavoro. Verrebbero rimpiazzati con cento tra consiglieri regionali e sindaci, per il Senato delle Regioni. Senza stipendio. Addio bicameralismo perfetto. A me l’idea piace. Poi ciascuno è ovviamente libero di pensarla come preferisce.
Qui si tratta, in fondo, di fare uno scatto in avanti. O l’Italia ci piace così com’è, oppure – e mi sembra la scelta più coerente, visto che ci lamentiamo tutti – sblocchiamo il Paese e gli diamo una scossa. Guardiamo al futuro e proviamo altre strade. Ma davvero, a destra o a sinistra, c’è chi pensa che questi anni spesi a lavorare per riformare in alcune parti superate (i principi fondamentali non sono stati cambiati, è stata cambiata quella parte che gli stessi costituenti ritenevano modificabile nel tempo) la costituzione "più bella del mondo” siano tutti da buttare nel cestino? Per ricominciare dall’inizio? Per mandare a casa Renzi e andare a elezioni? Non illudetevi.
Renzi verrà sostituito in due giorni da un altro premier votato dal Parlamento e non dagli italiani, dunque si tornerebbe a votare lo stesso nel 2018, alla scadenza naturale della legislatura. E allora il candidato del centrosinistra chi sarà? Renzi in persona, ovviamente, che a quel punto vorrà tornare a palazzo Chigi, questa volta legittimato dal voto popolare. Per giunta con un partito forte e compatto, che avrà lasciato per strada Bersani, Cuperlo, Bindi e compagnia bella.
Se invece davvero Renzi, sconfitto al referendum, si portasse dietro la legislatura, Mattarella dovrebbe pensare a un governo tecnico per approvare una legge elettorale per il Senato, e si tornerebbe a votare nella prima metà del 2017. Renzi sarebbe ancora il candidato premier. Ma né lui né altri, una volta vinte le elezioni, potranno portare avanti una navigazione sicura nel mare della politica. Il governo a palazzo Madama non avrebbe vita facile e come risultato ci troveremmo davanti a quello spettacolo impietoso a cui il mondo ha assistito l’ultima volta, nel 2013: consultazioni che durano settimane alla ricerca di un governo possibile e poi, preso atto di essere alla frutta, ancora tutti al voto.
Fantapolitica? Vedremo.
Dunque, la mia opinione oggi è la seguente: portiamo a casa questa parte della Costituzione che l’articolo 138 consente di ritoccare, prima che ci ripensino. E una volta che ci sarà solo una Camera, si potranno adottare eventuali correzioni in modo molto più semplice e veloce. Mancano (almeno) quattro mesi al referendum d’autunno, c’è tempo per parlarne e per analizzare a fondo la questione da ogni prospettiva. E noi, come ItaliaChiamaItalia, lo faremo di certo.
Discussione su questo articolo