I deputati Pd Colomba Mongiello e Fabio Porta, quest’ultimo eletto all’estero, hanno presentato al Ministro degli esteri Gentiloni una interrogazione a risposta in Commissione nella quale sostengono che la Farnesina dovrebbe riaprire l’Ambasciata italiana a Santo Domingo, vista la sentenza con cui il Tar a giugno 2015 ha annullato il decreto che ha soppresso la sede diplomatica tricolore nella Repubblica Dominicana.
Nell’interrogazione si ripercorre la vicenda che ha portato alla chiusura della sede e si chiede al titolare della Farnesina “quali informazioni possa riferire in particolare allo stato dei fatti riguardanti gli effetti prodotti dall’annullamento del decreto”.
Nella premessa, Mongiello e Porta ricordano che “con comunicato del Ministero degli affari esteri, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n.213 del 13 settembre 2014, è stato reso noto lo stralcio del dispositivo del decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 2014, con cui si è provveduto alla soppressione dell’Ambasciata d’Italia a Santo Domingo a decorrere dal 31 dicembre 2014. Contestualmente, si è precisato che il predetto decreto sarebbe stato trasmesso alla Corte dei conti per il visto e la registrazione di competenza per la successiva pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana; contro tale decreto è stato proposto ricorso per l’annullamento presso il TAR del Lazio con Atto di opposizione R.G. n.?14701 del 2014; con sentenza n.09371/2015 del 25 giugno 2015, la Sezione Terza Ter del tribunale amministrativo regionale del Lazio ha accolto il ricorso disponendo l’annullamento del decreto impugnato”.
“Il decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 2014 – riportano i deputati – è stato annullato per essere viziato di eccesso di potere per illogicità manifesta e violazione della legge n.135 del 2012; il giudice amministrativo, al riguardo, ha avvalorato la tesi dei ricorrenti secondo cui la soppressione di una delle più rilevanti sedi consolari dell’America centrale (la ventesima nel mondo in ordine di importanza), in un territorio ove sono presenti, in pianta stabile, circa trentamila italiani, diverse imprese commerciali nazionali, meta turistica di circa 100.000 connazionali, risulta essere una scelta organizzativa che, oltre, a porsi in palese violazione del criterio dell’invarianza dei servizi, indicato nel decreto-legge n.95 del 2012 sulla spending review, di cui vorrebbe costituire attuazione, laddove la sede che la sostituisce si trova a 1509 chilometri ed è raggiungibile solo in aereo e con alti costi, appare illogica ed incoerente con le stesse finalità indicate all’interno del decreto presidenziale che la contiene”.
“Sempre secondo il Tar del Lazio, – aggiungono Porta e Mongiello – non è dato comprendere, alla luce delle dimensioni della sede di Santo Domingo e dell’interesse, economico che tale territorio ha per molte imprese italiane, la scelta di sopprimere le succitata ambasciata, identificandola tra altre di minori dimensioni nel bacino territoriale dell’America Centrale; inoltre, la sentenza di annullamento del decreto del Presidente della Repubblica di cui trattasi, dichiara che appare, poi, senz’altro da escludere che tale soppressione possa compensarsi con la presenza di un Consolato generale onorario e con la futura predisposizione di una sezione distaccata dell’ambasciata a Panama presso la locale delegazione dell’Unione europea. Nulla è detto, a tale riguardo, dal Ministero degli affari esteri sugli uffici e sui servizi che tale sezione potrebbe o dovrebbe avere, con ciò aggirando il problema della continuità ed efficienza dei servizi”.
Inoltre, aggiungono, “di fronte alla motivazione proposta dal Governo italiano circa la sostenuta conformità del decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 2014 alle finalità previste dal decreto-legge n.?95 del 2012, cui era vincolato il Ministero degli affari esteri, ovvero quello dell’invarianza dei servizi, quando non quello del miglioramento della rete diplomatico-consolare, il Tar Lazio oppone che ciò sia stato certamente ignorato nel momento in cui si è individuata quale sede sostitutiva l’ambasciata d’Italia a Panama, distante 1500 chilometri, raggiungibile solo in aereo con i poco sostenibili costi di viaggio; quanto agli obblighi di riduzione della spesa pubblica, gli interroganti, facendo proprie le considerazioni del giudice amministrativo, segnalano che, dovendo comunque garantire a Panama i servizi consolari per le decine di migliaia di residenti italiani di Santo Domingo, come anche dei numerosissimi turisti, si creeranno ulteriori spese per l’ampliamento della struttura ivi presente, quando non anche un aumento dell’organico ed altresì si porranno nuove spese, dovendosi inevitabilmente computare i maggiori costi che dovrebbero essere sopportati per adeguare la sede panamense all’aumentata domanda e senza considerare i costi di quella “rete consolare, onoraria” che si intende rafforzare in luogo della sede istituzionale”.
Alla luce di questa lunga premessa, Porta e Mongiello chiedono di sapere “quali informazioni possa riferire in merito alla vicenda descritta in premessa ed in particolare allo stato dei fatti riguardanti gli effetti prodotti dall’annullamento del decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 2014, a norma della sentenza del Tar del Lazio n.09731/2015 e che ha determinato la mancata soppressione dell’ambasciata d’Italia in Santo Domingo (Repubblica Dominicana)” e “se non intenda adottare iniziative normative urgenti volte alla riapertura dell’ambasciata d’Italia in Santo Domingo, quale sede di rilevante importanza nell’area geografica del centro America, meta turistica d’elezione di centinaia di italiani ogni anno, nonché luogo di residenza di una più che consistente comunità italiana e sede di numerose iniziative imprenditoriali del nostro Paese”.
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