C’è voluto tanto tempo. Ci sono volute discussioni eterne, anche molto accese, sul tema. Ma alla fine la Camera dei deputati della Repubblica Dominicana ha approvato in seconda lettura il testo del nuovo codice penale, che sostituirà quello in vigore dal 1884. L’articolo più dibattuto è quello che depenalizza l’interruzione della gravidanza a causa di grave pericolo per la salute della persona gestante.
Il testo è passato alla camera con 128 voti favorevoli e 13 contrari, e dovrà ora essere approvato al senato, dove non si prevedono però intoppi.
Finora il Paese dei Caraibi era uno dei cinque paesi latinoamericani che penalizzano l’aborto in qualsiasi circostanza, insieme a El Salvador, Honduras, Haiti e Nicaragua. Nell’aprile scorso, il presidente Luis Abinader aveva proposto la celebrazione di un referendum per introdurre la depenalizzazione in tre circostanze: in caso di stupro, di incompatibilità con la vita umana del feto, e di rischio per la salute della madre.
La deputata dell’opposizione Ivannia Rivera ha proposto un emendamento in quello stesso senso al testo del codice penale approvato ieri, che però è stato bocciato con 99 voti contrari e solo 38 a favore.
Da settimane ormai i movimenti femministi sono in piazza per reclamare la legalizzazione dell’aborto nel paese. Rifiutano anche la proposta del referendum, ritenendo un errore sottomettere al voto popolare ciò che dovrebbe essere un diritto umano garantito dallo stato. Anche la modifica approvata ieri ha ricevuto dure critiche. Il nuovo codice infatti permette l’interruzione della gravidanza solo dopo aver esaurito “tutti i mezzi scientifici e tecnici disponibili nella misura del possibile”. Ma evidentemente ancora non basta. Soprattutto se consideriamo che nell’isola di Santo Domingo esistono cliniche e medici che praticano l’aborto in maniera clandestina. Questa ipocrisia, questa illegalità, deve finire una volta per tutte. La battaglia continua.