Santo Domingo – La città de La Romana, qui nella Repubblica Dominicana, ha un porto straordinario: un piccolo fiordo largo meno di cento metri, proprietà privata della potente ditta: “Central Romana”. In realtà tutti i 653 chilometri quadrati della provincia appartengono a questa potente corporazione e non si sa quanti chilometri delle vicine province fanno parte di quest’autorevole feudo, rigato da oltre 250 chilometri di ferrovia dove circolano in continuazione lunghi treni merci carichi di canna da zucchero. Lo zucchero è il principale prodotto elaborato nel più grande mulino al mondo. Dai silos la merce é direttamente caricata nelle stive delle navi per mezzo di un sistema automatizzato. Il turismo rappresenta per molti un buon affare, lo è pure per La Romana, ed ecco che la parte orientale dell’estuario è trasformata in porto. Moderne navi da crociera vi attraccano e centinaia di turisti, in gita nel mare dei Caraibi, vi fanno scalo.
Un giorno, uno qualunque, un bambino lustrascarpe (sciuscià) è intento al suo lavoro con le mie scarpe, mentre si avvicinano alcuni turisti, sbarcati da una nave della Costa Crociere. Il nostro sciuscià aveva adocchiato la bella catenina d’oro al collo di una delle bambine in un gruppetto di sei turisti e ne parlava al complice, sicuramente pensando ch’ero uno straniero e non capivo il suo parlare. Diceva: “Dopo l’angolo, tu ti butti addosso e cadi, come l’altra volta. Io m’intrufolo nel gruppo e, quando ti mettono sulla panchina e ti svegli con le convulsioni, io prendo la catenina e, se riesco, la macchina fotografica”. “Incredibile – pensavo – senti questo ladruncolo!”. Con calma gli dico “dici sul serio? Siete ladruncoli dunque?”. “No – risponde – Solo ai “gringos” (stranieri), tanto, per loro, una catenina cos’è? Hanno soldi loro”. Ormai il piano gli era andato a monte visto che, con il mio intervento nei loro discorsi, quei ragazzini non avrebbero più azzardato il colpo. Continuo con una specie di sermone verso di loro. Intanto il gruppetto dei croceristi si era fermato a pochi passi da noi. Erano italiani del Veneto. “Ma guarda quel putèl, povero, guarda, che tristezza ga negli oci. Ti ga visto, ah?! To’, portale dei soldi. Guarda come pulisce la scarpa!!”. E via tante belle parole, con relative foto. Tanta compassione verso quei bambini e, chissà come ancora erano visti da quelle ignare persone che non sapevano che, con i bambini della strada, da queste parti, non c’è da fidarsi molto. Oggi, dopo dieci ore di volo, non solo si atterra in un lontano ed esotico paese ma si arriva addirittura in un altro e sconosciuto mondo, dove nulla è simile al posto in cui si vive. Ecco che un’accurata informazione è necessaria prima di iniziare il viaggio. I nostri veneti non avrebbero visto né giudicato allo stesso modo, per esempio, due zingarelli in una piazza di Padova, Vicenza o Verona. Io lo so, perché ho visto come si reagisce in Italia quando ragazzi zingari cercano di avvicinare dei passanti. Da queste parti ci comportiamo allo stesso modo con i locali lustrascarpe. Chissà perché ciò che in patria ripugna, all’estero fa compassione. Oltre a “sapere di non sapere” occorre anche un po’ di buon senso. Molte cose si eviterebbero facendone buon uso.
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