Le chiamano “Policliniche del pueblo”, al femminile, con un pizzico di solennità e anche con un po’ di giusto orgoglio. Sono circa 1.658, disseminati in maniera abbastanza capillare in tutto il Paese.
In realtà sono più che altro dei Poliambulatori, qualcuno li chiama anche Centro de Atencion Primaria o più familiarmente Clinica Rural; nella loro semplicità sono molto efficienti, ben organizzati, funzionali e apprezzati. Ma soprattutto sono completamente gratuiti: aperti a tutti, non solo ai dominicani ricchi o poveri che siano, ma proprio a tutti, uomini e donne, stranieri residenti e non, Aire e non Aire, grandi e piccoli, giovani e anziani, neonati, turisti, rifugiati con e senza permesso di soggiorno.
Le Policliniche del Pueblo insomma sono gloriosamente e veramente pubbliche.
Si somigliano un po’ tutte: piccole costruzioni a un solo piano dipinte a colori vivaci secondo l’uso locale (di solito prevale l’azzurro), semplici e pulite, tutte o quasi col giardinetto tropicale e il pergolato attrezzato per l’attesa.
Ci lavorano, a seconda della regione (grande e molto popolata o piccola e agreste) in media una quindicina di medici suddivisi nelle più importanti specialità: medicina di base, ginecologia e ostetricia, malattie tropicali, malattie sessuali, cure prenatali, Aids, vaccinazioni, emergenze.
Apertura tutti i giorni feriali dalle 8 del mattino alle 4 del pomeriggio, con un Departamiento Emergencia aperto sette giorni su sette fino alle dieci di sera, e un telefono dedicato per le informazioni (il numero è 809/ 455 1777).
Nel pacchetto delle offerte sono comprese le analisi di prima necessità (c’è un piccolo laboratorio interno per i prelievi), una mini farmacia annessa per la distribuzione gratuita dei medicinali, un’altra piccola farmacia popolare con lo sportello per la vendita al pubblico a prezzo politico, e il Progetto di tutela degli anziani “Over 65” la cui affiliazione è semplice e pratica.
Il Piano Sanitario sviluppa un traffico annuo consistente, ma in un Paese dove tutto avviene all’insegna del “si dios quiere”, azzardare numeri statistici sarebbe imprudente. Diciamo che si tratta di un bel movimento di centinaia di migliaia di pazienti in un Paese di poco più di otto milioni di abitanti. Si accostano all’ambulatorio con le più svariate necessità, sviluppano un rapporto di fiducia che si consolida nel tempo, se ne vanno e ritornano sempre.
Non è chiarissimo il merito dell’iniziativa. Le fonti ufficiali indicano il presidente (molto amato) Antonio Guzman e parlano del 1978, mentre la voce popolare attribuisce l’idea al presidente Leonel Fernandez e alla metà degli anni Novanta. Senza parteggiare per nessuno, i tempi di Guzman appaiono un po’ lontani e in effetti Leonel, che aveva trovato un Paese in stato di pesante arretratezza, aveva molte idee innovative. Forse la verità sta nel mezzo e l’impresa cominciata dal primo è stata poi completata dal secondo.
Comunque sia, le Policliniche hanno sicuramente la loro brava età, ma funzionano come una macchina ben oliata.
Nella zona dell’Este, che negli ultimi decenni ha avuto il maggior sviluppo e ha attratto un gran numero di residenti, la sede più importante è al Veron, il sobborgo popolare della Playa Bavaro, sul Boulevard che porta all’aeroporto di Punta Cana. Una posizione di facile accesso agevolata dal trasporto pubblico regolare.
La sua storia appartiene di diritto alla storia della Repubblica Dominicana. Nell’ingresso troneggia una antica testimonianza che viene mostrata al visitatore con una certa soddisfazione: una vecchia foto dove appare il rudere della prima struttura degli anni Settanta sulla quale è poi stata ricostruita la sede attuale.
Oggi ci lavorano 17 medici coordinati dal direttore Joseph Emile Amarante, medico giovane, esperto e motivato. Lo staff si compone di un internista, due ostetriche ginecologhe, sei medici familiari e otto medici di medicina generale.
“Siamo tutti molto motivati” spiega Ana Hilda Santana Reyes, una degli otto medici di famiglia, che lavora alla Policlinica da dodici anni.
“Il problema principale – racconta ad Azzurro Caribe, periodico degli italiani di Centro America e Caraibi – è la difficoltà di comunicazione. Nella gran quantità di pazienti che accudiamo ogni giorno c’è un altissimo numero di immigrati che non parlano il castigliano, e data la delicatezza della situazione, dobbiamo avere sempre le antenne ben aperte. Spesso ci facciamo aiutare da parenti o pazienti dello stesso Paese, per capire meglio la problematica”.
Attenzione e impegno appaiono del resto abbastanza evidenti anche solo dopo pochi minuti.
Chiunque si trovasse a passare di lì in un giorno qualunque, vedrebbe che già dalle sette del mattino l’attività è in pieno fermento. Medici che si infilano frettolosamente il camice, pulizie diligentemente all’opera, distribuzione dei ticket, pazienti che “pazientemente” incominciano a occupare le prime sedie sotto il pergolato di bouganville.