L’Italia non scopre ancora le sue carte. Ma nella cruciale partita delle nomine europee che si gioca questa settimana tra Ypres e Bruxelles – dove i leader si riuniranno per il vertice Ue – Matteo Renzi ha le sue mire. E anche ambiziose: una delle quattro posizioni di rilievo delle istituzioni europee. Anche se il mantra resta ‘prima le cose poi i nomi’ – da settimane ribadito dal premier che vuole prima vedere nero su bianco la volonta’ di cambiare l’Europa verso crescita e lavoro anche per dare risposte ai cittadini – Renzi non andra’ in Belgio senza la richiesta di un posto per l’Italia ai vertici. Dato ormai per certo l’ok – bollato ieri anche dalla casa Pse – a Juncker alla presidenza della Commissione e alla rielezione di Schulz all’Europarlamento, restano due i possibili obiettivi di Roma: la presidenza del Consiglio Ue e la carica di Alto rappresentante, il ‘ministro degli Esteri’ della Ue.
Su quest’ultima – secondo quanto filtra da chi ha in mano il dossier – sembrano concentrarsi ora le mire di Renzi. Che punta a una ‘Mrs’ e non a ‘Mr’ Pesc: una donna che contribuisca alla sua richiesta di almeno un 40% di poltrone ‘rosa’. In mente il premier avrebbe anche gia’ il nome: la titolare della Farnesina Federica Mogherini.
Almeno dalle indicazioni ufficiose sembrerebbe cosi’ tramontata l’ipotesi di chi aveva scommesso su una posta ancora piu’ alta, quella del Consiglio: il nome forte circolato nelle settimane scorse – e benedetto da socialisti e popolari – era quello di Enrico Letta. Ma la rosa avrebbe potuto aprirsi anche ad altri ex premier (condizione indispensabile per succedere a Van Rompuy) di ispirazione socialista come D’Alema o Amato.
Il nome di Letta – che nei giorni scorsi aveva spento i rumor ricordando che "c’e’ gia’ Draghi alla Bce" – non sarebbe comunque mai stato fatto o proposto, si fa filtrare. Di certo la partita del Consiglio e’ piu’ complessa, ma c’e’ chi ancora non la da’ per definitivamente archiviata.
A sostenere Renzi nelle sue mire per la successione alla baronessa Asthon ci sarebbe – anche alla luce del risalto che l’indiscrezione ha avuto oggi sulla stampa tedesca – anche Berlino. E quella sintonia che si fa sempre piu’ intensa con la Merkel anche dopo i chiarimenti – se non vere e proprie rassicurazioni – del premier a Frau Angela sul fatto che ne’ lui ne’ Roma vogliono capitanare una fronda anti-rigore. Anzi. L’Italia – ha piu’ volte ricordato Renzi – ha rispettato, rispetta e rispettera’ il Patto. Che va bene come e’ e non deve essere cambiato. Ma interpretato – e’ la posizione – nella sua interezza, dando cioe’ peso anche alla ‘Crescita’. Per una nuova Europa che risponda ai cittadini, ai loro bisogni – primo tra tutti il lavoro – e sconfigga quelle derive euroscettiche e xenofobe emerse dalle europee, ha sempre detto il premier con un retro pensiero, forse, anche al ‘suo’ M5S. La strada, ovviamente, sono gli investimenti e la necessita’ di reperire risorse per sostenerli nel pieno rispetto dei parametri. Una strada stretta, strettissima, che potrebbe passare per una soluzione che consenta di allentare i tempi di rientro nei parametri per quei Paesi che fanno le riforme strutturali, imposte anche dall’Europa.
Sul paletto del ‘cambio di verso’ dell’Europa il premier non e’ comunque intenzionato a fare sconti e, forte del voto europeo, aspetta di vedere se la sua indicazione sia stata recepita. Sia cioe’ al centro di quel documento – su cui sta finendo di lavorare Herman Van Rompuy – che sara’ il programma del mandato del prossimo presidente Ue. Renzi ha delegato il ministro Padoan, anche a dimostrazione della volonta’ di non voler forzare in alcun modo sul Patto. E domani – al massimo dopodomani – una volta acquisito il via libera alla sua idea di un’Europea per la crescita e il lavoro, iniziera’ forse a parlare anche dei nomi. Di quelle carte che non ha voluto scoprire finora.
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