Matteo Renzi aveva annunciato che avrebbe rifondato l’Italia in 100 giorni anche se ora, prudentemente, è passato ai 1000; eppure – se si guarda al concreto – nel nostro Paese è difficile cambiare le cose, innanzitutto perché troppi gruppi di potere ben consolidati non vogliono farlo, ma anche perché il premier ci sta mettendo del suo a complicare le cose.
Il caso più evidente è quello della riforma del Senato. Tutte le persone di buonsenso capiscono che andrebbe riformato, che è superato il bicameralismo perfetto, che senatori e deputati devono essere ridotti di numero, ma perché non si deve permettere ai cittadini di eleggere direttamente i propri rappresentanti, come non vogliono Renzi e Berlusconi, per evidenti interessi personali?
Visto che questa obiezione è fondata, diventa normale che molti insistano a proporre cambiamenti anche ad un sistema elettorale come “Italicum”, che è nato per risolvere i problemi dei leader, non della rappresentatività democratica.
Alla Camera insistere con i listini bloccati significa non permettere ai cittadini di scegliere il “loro” deputato, ma solo il partito preferito, dando quindi tutto il potere in mano a chi può predeterminare e “bloccare” le liste. Inoltre, con questo sistema, basta un voto in più dell’avversario (anche stando molto al di sotto dal 50% dei voti) per avere la maggioranza assoluta dei seggi, soprattutto se ci sono più schieramenti.
Proprio per questo rischio, predeterminare anche gli eletti al Senato di fatto in base al risultato elettorale della Camera o di altri organismi come le Regioni (dove pure scattano i premi di maggioranza) porta al rischio effettivo che magari per pochissimi voti un partito (o coalizione) ottenga la stragrande maggioranza di Camera e Senato e possa così eleggere anche il Presidente della Repubblica, parte dei membri del Csm e degli altri organismi dello Stato, il tutto con eletti “nominati” e neppure personalmente eletti: vi sembra logico?
Permettendo l’uso delle preferenze si avrebbe almeno l’elezione dei “migliori” o comunque di quelli/e più legati al territorio e non cooptate dall’alto.
Per questo credo che anche il Senato vada votato dai cittadini e per risparmiare le elezioni possono essere fatte lo stesso giorno del rinnovo della Camera o, eventualmente, insieme all’elezione dei consigli regionali.
Bloccarsi su questi aspetti anziché dare libertà di voto e chiarire bene di che cosa debba occuparsi il futuro Senato sottolinea che quello che conta per i leader politici non è la sostanza costituzionale ma il controllo dei propri eletti e questo credo sia assolutamente negativo. Assurdo il sostenere anche che così si risparmi: l’84% del bilancio della Camera (e credo sia cosa simile anche al Senato) non è per il costo dei parlamentari, ma per la struttura.
Scendendo da 315 a 100 senatori licenzieranno migliaia di super-retribuiti dipendenti parlamentari? Ne dubito. Ma allora si scenda a circa 150-200 senatori eletti dal popolo (e contemporaneamente a non più di 400-450 deputati) e avremo ridotto i costi, riformato la struttura, ma si chiarisca bene la divisione dei compiti e dei ruoli.
L’altro aspetto politico di cronaca estiva è la telenovela sui vincoli di bilancio imposti dall’Unione Europea. Qui Renzi è in contraddizione: sostiene di “contare” moltissimo in Europa (spalleggiato da stampa e tv molto cortigiane) ma non porta a casa risultati e la Germania di fatto impone quel che vuole senza che l’Italia abbia la forza di opporsi e “forzare” altre soluzioni.
Alla prova dei fatti è solo la conferma che come Italia siamo deboli economicamente e politicamente, non abbiamo alleati importanti, non riusciamo a far convergere attenzioni sull’area del Mediterraneo (vedi anche il problema sbarchi) e alla fine siamo solo nazione di periferia e giochiamo in serie B, anche in Europa. Rendersene conto farebbe bene a tutti, anche alla presunzione di Mr. Renzi, perché è grottesco che preannunci proprio stamani che “l’Italia sarà la locomotiva del rilancio europeo”, nello stesso giorno in cui il nostro Paese torna in negativo come proiezioni di crescita.
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