Matteo Renzi deborda dalle cronache italiane e manda in onda l’ennesimo spot personale utilizzando stavolta la decisione di Marchionne di quotare la Ferrari in borsa anche a Milano e ripropone la litania ben nota: l’Italia è ripartita, le riforme sono state fatte, l’Europa deve rispettarci, siamo diventati “smart” e avanti così. Per carità: Renzi sembra l’unico ad esistere ed è senza avversari credibili, ma tutti sappiamo come la realtà sia ben diversa e il nostro sistema produttivo stia perdendo man mano dei pezzi insostituibili.
Nel corso degli ultimi dodici mesi, marchi fondamentali del nostro paese come Pirelli, Italcementi, Riello e Pininfarina sono passati in mani straniere e così case di moda, marchi agroalimentari, firme prestigiose. Senza dimenticare che il gruppo FIAT vede ogni anno venire meno la propria “italianità” con ormai solo il 10% degli oltre 228.000 dipendenti del gruppo che lavorano in Italia.
Quanto a Marchionne, evidentemente per il premier conta poco che Ferrari abbia scelto di quotarsi a New York come primo mercato e che la quotazione a Milano appaia più che altro un contentino per il Paese che ha sostenuto a lungo il gruppo Fiat nei momenti di crisi – quanto ci è costata la FIAT negli ultimi decenni? – mentre per ringraziamento il gruppo Fiat Chrysler Automobiles ha spostato anche la sede sociale in Olanda per non assoggettare le plusvalenze derivanti dalla quotazione della società al fisco italiano. Di queste cose però si parla poco e anche i media italiani sembrano congelati nel sottolineare le incongruenze governative e del premier.
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