Renata Bueno, deputata eletta con l’USEI nella ripartizione estera Sud America, è alla sua prima legislatura. Nata a Brasilia da genitori di ascendenze venete e toscane, in questi anni ha sostenuto i vari governi che si sono succeduti, da Letta a Renzi a Gentiloni.
Nell’intervista a ItaliaChiamaItalia, parla della sua prima esperienza da parlamentare e del suo futuro politico.
On. Renata Bueno, come va il lavoro sul territorio? E a Roma?
In una circoscrizione così vasta come il Sud America, naturalmente, il lavoro è sempre molto intenso, ma procede anche molto bene. Giro assiduamente il territorio, come ho per esempio appena fatto la settimana scorsa in occasione della celebrazione della Repubblica italiana in diverse circoscrizioni del Brasil (San Paolo, Rio Grande do Sul, Brasilia) ma anche in Peru. Molti luoghi in una sola settimana ma i risultati e la soddisfazione dei nostro elettori sono sempre fattori molto positivi, che danno l’energia per continuare a farlo. Allo stesso tempo, ovviamente, mi preoccupo anche molto del lavoro interno al Parlamento, di essere una vera voce degli italiani all’estero qui a Roma.
È stata la sua prima volta in Parlamento. Com’è andata?
Si tratta indubbiamente di un’esperienza bellissima, nella quale riesco a mettere assieme la mia passione di studiosa del sistema pubblico internazionale e quella proveniente dal contesto in cui sono cresciuta, essendo una “figlia d’arte”.
La legislatura è finita?
Non credo che siamo al termine della legislatura, visto e considerato che l’accordo sulla legge elettorale tra le grandi forze politiche è saltato e che la proposta di legge è stata rinviata in commissione e che non esiste previsione di un nuovo dibattito e votazione. Tutto fa credere che a questo punto si arrivi alla conclusione naturale della legislatura.
Cosa le ha dato questa esperienza e, dall’altra parte, cosa le ha tolto, se le ha tolto qualcosa.
L’esperienza è stata ricca e fertile. Stiamo parlando di un caso unico nel mondo. L’esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero è stato creato in Italia durante il governo Berlusconi, su iniziativa del Ministro per gli Italiani nel Mondo, Mirko Tremaglia, nel 2001. Anche in Francia e Portogallo esiste una cosa simile, ma in una dimensione e con una modalità più limitata.
Quest’esperienza ha quindi per me un doppio valore: quello derivante dalla consapevolezza di essere membro di un Parlamento fondamentale nella storia della civiltà mondiale, che risale al Senato Romano e che quindi ha più di 2.700 anni di storia, e quello derivante dall’orgoglio di farne parte come cittadina, figlia di quella stessa storia di emigrazione italiana che ha portato Tremaglia a proporre la legge. La mia origine è nella storia di quelle famiglie, così numerose in Sudamerica e in Brasile, che mantengono viva l’italianità, permeandone il tessuto culturale, sociale ed economico. Quanto a ciò che mi ha tolto, sicuramente la vicinanza ai miei cari: familiari e amici.
Qual è stato il suo rapporto con il territorio e coi connazionali durante questi anni vissuti da deputata della Repubblica Italiana?
Nei primi anni mi sono dedicata a girare molto le comunità italiane in Sudamerica, anche le più sperdute. Mi sono impegnata ad andare lì personalmente, visitare molte associazioni e gruppi per conoscere da vicino la realtà, che cambia molto in base alle regioni, agli stati, ai paesi. La realtà italiana dell’Uruguay, del Brasile, del Cile, Argentina, Venezuela e così via sono molto diverse tra loro. Ogni comunità ha le sue caratteristiche, motivo per cui è importante conoscere da vicino la loro realtà, per poter rappresentare adeguatamente i loro cittadini.
Una cosa di cui va fiera, da parlamentare eletta all’estero?
Una cosa di cui vado sicuramente fiera sono i cittadini all’estero, che amano l’Italia disinteressatamente e appassionatamente. La loro dedizione all’Italia ci fa vivere la politica intensamente e con altrettanta passione. Le persone che ci seguono sono persone che amano l’Italia, che votano per amore e che vogliono avere un buon rappresentante in Parlamento.
Si sente in campagna elettorale?
La campagna elettorale è permanente. Il rapporto con il nostro elettore determina le nostre azioni e le nostre iniziative parlamentari e extra parlamentari: dove andiamo, quello che facciamo. La campagna è una conseguenza naturale del nostro impegno quotidiano verso il cittadino.
Lei è stata eletta con l’USEI, una lista civica, nella ripartizione estera Sud America. Negli ultimi anni ha sostenuto il governo Renzi e ora sostiene il governo Gentiloni. L’USEI è di sinistra?
Ho sostenuto il PD perché, come noto, io vengo da un gruppo politico di centro-sinistra in Brasile e quindi è naturale che nella politica italiana prosegua sulla stessa linea politica.
Con USEI ho un ottimo rapporto, però, ricordo che chi mi ha invitato a candidarmi con questa lista è stato Edoardo Pollastri, un’icona per la comunità italiana nel mondo, il quale, purtroppo, è venuto a mancare all’inizio di quest’anno e a cui rendo qui omaggio. USEI ha una linea definita da Sangregorio che è il presidente, e che in parte condivido.
A prescindere da destra e sinistra, ci tengo a ricordare che siamo un gruppo che ha come priorità le esigenze degli italiani all’estero. Il mio appoggio al governo Renzi non si è basato tanto su un senso di appartenenza ideologica e tanto meno di partito, ma la bussola per orientarmi sono sempre state le necessità degli italiani all’estero. Questo è il motivo per cui ci sono state diverse votazioni in cui non ho appoggiato le proposte del governo.
Mi considero innanzitutto una rappresentante eletta all’estero indipendente, motivo per cui ho scelto di iscrivermi e di permanere nel Gruppo Misto, pur essendo capo componente USEI e sostenendo il governo in ciò che ho valutato di volta in volta essere anche nell’interesse dei cittadini eletti all’estero.
Secondo l’opposizione, il governo Renzi è stato quello peggiore per gli italiani nel mondo… Lei non è d’accordo, evidentemente. Ci spiega perché?
Ci sono stati molti altri premier che si sono dedicati agli italiani all’estero. Non ho seguito da vicino il percorso di questi governi, ma emblematico è sicuramente il governo Berlusconi, nel cui contesto è nata la menzionata legge Tremaglia. Il governo Renzi prima e Gentiloni poi è stato però molto presente, almeno in Sud America, indubbiamente il più presente degli ultimi anni. Oltre ad andare in prima persona, Gentiloni, quando ancora ministro degli Esteri del governo Renzi, e lo stesso Renzi da presidente del Consiglio, questi ha inviato diversi ministri tra cui quello della Difesa, dell’Interno, della Cultura. Non da ultimo, significativa, pur non essendo identificabile con il governo, la missione del Presidente della Repubblica Mattarella.
Andare nel luogo permette sempre di conoscere la realtà e di capirla con molta più profondità di quando la si conosce da fuori. Tuttavia, sappiamo che sono molte le polemiche per i carenti servizi consolari e molte le critiche per il comportamento anche di questi governi su alcuni punti, ma non possiamo non riconoscere che ci hanno dato attenzione. Inoltre, non possiamo mai dimenticare che questo Governo è passato per una crisi economica di notevole impatto, in conseguenza della quale si è dovuto riorganizzare, essendo costretto ad effettuare molti tagli, come quelli previsti dalla nota Spending Review. Nonostante questo, siamo riusciti a lavorare in parte il budget per l’anno 2016.
La mia proposta di aumentare di due milioni di euro il fondo destinato ai consolati nel mondo è stata per esempio accolta ed inserita nella legge finanziaria per il 2016. Lo scorso anno è invece stata approvata la creazione di un fondo consolare, la cui regolamentazione ora dipende dal Ministero dell’Economia e della Finanza e che ci auguriamo cominci presto a funzionare.
È per questo che ha sostenuto Renzi e, a differenza del presidente dell’USEI Sangregorio, si è battuta per il Sì al referendum costituzionale?
Come ho detto, seguo la linea del governo, però guardare al referendum vuol dire guardare alle riforme. Siamo in un momento della storia in cui i cittadini non si sentono rappresentati dalle loro istituzioni. Il rapporto tra i cittadini e la politica è cambiato ed è necessario cercare di realizzare questo cambiamento nelle istituzioni. Il referendum non solo lo abbiamo sostenuto, ma lo abbiamo votato in Parlamento. Prima che i cittadini italiani fossero chiamati ad esprimersi in merito a questa riforma costituzionale, l’abbiamo discussa per due anni. Quindi, poi mi sono molto dedicata a diffondere i punti positivi che secondo me questa riforma, nonostante alcune debolezze, conteneva, tanto è vero che in Sudamerica il grado di accettazione è stato molto superiore alla media, e in Brasile è arrivato addirittura all’85%, il che indica una forte volontà di cambiamento politico.
Però restano le chiusure di consolati e ambasciate, di Istituti di Cultura, restano pesanti tasse che colpiscono con forza i connazionali, come l’Imu e la tassa sulla cittadinanza. Sono solo alcuni esempi. Come la mettiamo?
Il momento di crisi economica che ha caratterizzato dall’inizio questa legislatura, fin dal Governo Letta, ha inevitabilmente avuto conseguenze anche per i consolati, braccia dell’amministrazione dello stato italiano all’estero. I tagli hanno riguardato naturalmente anche i servizi consolari, ma non solo. Il tasso d’impiego pubblico in Italia è molto alto e la macchina pubblica nel suo complesso rappresenta una percentuale molto alta del PIL del Paese. Tuttavia, non per questo non continuiamo a combattere assiduamente affinché vengano assicurati buoni servizi consolari a noi cittadini all’estero. Sono tante le proposte su cui abbiamo lavorato, alcune sono andate a buon fine, altre no. La tassa di cittadinanza è stata approvata con l’obiettivo di destinare i soldi raccolti al miglioramento dei servizi consolari e questo servizio è giusto che venga erogato e migliorato sempre più, in linea con l’aumento delle entrate. Per questo ci siamo battuti e continuiamo a esercitare una certa pressione sul governo affinché in breve regoli il Fondo consolare approvato lo scorso anno.
Lei su quali punti baserà la sua futura, ormai vicina, campagna elettorale?
A prescindere dal risultato ottenuto, noi siamo rappresentanti e in quanto tali siamo la voce di ogni cittadino che vive all’estero e che, anche se segue poco la politica, noi rappresentiamo quotidianamente, discutendo e votando a loro nome. Questo è un compito sicuramente molto impegnativo ma che riusciamo a svolgere molto bene. Lo scopo principale è lavorare per la patria Italia in nome dei cittadini all’estero. Poi, naturalmente, ci sono tutti i progetti su cui abbiamo lavorato e su cui continueremo a lavorare, cominciando dalla cultura.
Nel 2014 siamo riusciti ad approvare l’art 1 del decreto cultura in Italia, il quale dà ai privati la possibilità di finanziare progetti culturali, giustamente per cercare una soluzione alle conseguenze della Spending Review. Specie nel campo culturale, tanti progetti non venivano più finanziati dal pubblico. Quindi, per salvare un settore essenziale per la ricchezza del paese, specie un paese come l’Italia, ci siamo adoperati per ottenere il finanziamento privato che può essere detratto in un secondo momento. Da allora, stiamo lavorando affinché questo meccanismo possa essere esteso alle attività culturali all’estero.
Un altro punto molto importante per me, legato anche al mio percorso formativo, sviluppatosi in larga parte in Italia, è quello legato ai giovani. Incentivare lo scambio universitario, culturale, di esperienze professionali, di opportunità d’investimento, nel tentativo di avvicinare sempre più le due realtà, è qualcosa per cui mi batto con passione e che il mondo della comunicazione di oggi rende possibile.
Questo è tanto vero che anche a livello extra parlamentare cerco di essere un canale di mediazione e di accesso a molte opportunità di questo tipo. I social network legati alla mia persona sono una fonte accurata di informazioni in questo senso.
A Roma e in Sud America c’è chi assicura che il presidente dell’USEI, Eugenio Sangregorio, non ha intenzione di ricandidarla alle prossime elezioni… Lei ha sentito queste voci? La preoccupano?
Non mi sono arrivate queste voci e comunque non mi preoccupano, perché ho un ottimo rapporto con il gruppo di Sangregorio. Lo conoscevo poco all’inizio, ma con il tempo ho avuto modo di conoscerlo. Stiamo studiando le candidature e valutando la compatibilità, ossia le possibili combinazioni: se entrambi in una lista, uno alla Camera, uno al Senato o se, invece, in liste separate. Lo stiamo decidendo insieme, anche perché ormai siamo partner.
On. Bueno, dica la verità, per la curiosità dei lettori e degli elettori: è vero che lei sta già lavorando a una propria lista per le prossime elezioni? Corre questo rumor da diverso tempo ormai…
Ho sempre avuto il mio gruppo politico che mi ha sostenuto già dalla mia candidatura con la lista USEI. Esiste grande pressione affinché si crei un gruppo in Brasile, senza appoggiarsi come sempre alle liste argentine, con tutto rispetto per i miei colleghi.
Tuttavia, con la mia elezione, il gruppo USEI si è consolidato e quindi sarebbe interessante dare continuità a questo progetto. Tutto dipenderà dalla possibilità di metterci d’accordo sulle candidature.
Tra Berlusconi e Salvini lei chi sceglie? E perchè?
Berlusconi. Anche se non sarà mai il mio candidato, ha una storia ventennale in Italia e, seppure in modo alquanto criticabile, ha cercato di far qualcosa anche a livello di riforme. Salvini, invece, è un nuovo arrivato, senza spessore e senza capacità di apportare un valido contributo alla politica italiana, ma, al contrario, abile nella mistificazione della realtà dei fatti.
In Sud America sanno chi è Renzi?
Certamente sì, anche perché ha sempre fatto una buona comunicazione. E’ stato in Sudamerica, ha visitato il Brasile, l’Argentina, il Cile, il Perù, la Colombia e persino Cuba. In molto luoghi si è organizzato per avere un incontro con la collettività italiana e avere un dialogo diretto con i suoi rappresentanti e molti componenti. La figura di Renzi ha avuto un riscontro mediatico anche nella politica sudamericana. Naturalmente, è ancora giovane: ha tutta una storia da costruire e un nome da consolidare.
#SOSVenezuela, la situazione peggiora di giorno in giorno. Il mondo resta a guardare mentre fa poco o niente. Fino a quando?
Durante il mio mandato, sono stata due volte in Venezuela, esclusivamente in missione di pace. La prima volta, all’inizio del 2014, quando la situazione era già chiaramente grave.
Sono stata con i miei colleghi eletti all’estero e ci siamo riuniti sia con i deputati del governo che con l’opposizione. A gennaio, invece, sono stata per l’insediamento del nuovo presidente dell’Assemblea Nazionale, Julio Borges, rappresentante dell’opposizione, considerato che nella votazione del dicembre 2015, due terzi dell’AN sono seggi dell’opposizione. La situazione però, purtroppo, peggiora giorno dopo giorno.
Siamo chiaramente davanti all’intento di chiudersi in un regime che, però, non riesce a sostenersi perché non c’è una situazione economica che permetta l’autonomia e la popolazione è disperata davanti alla mancanza di soldi, cibo e medicine. All’inizio del 2015, sempre insieme ai miei colleghi della circoscrizione America Meridionale, abbiamo portato questa preoccupazione anche al Santo Papa, che, tra l’altro, proprio la scorsa settimana ha incontrato i vescovi del Venezuela che hanno chiesto di essere ricevuti per offrire un resoconto sulla difficile situazione sociale, umanitaria e politica che sta attraversando il Paese.
La preoccupazione è molto alta perché a rischio sono le stesse condizioni di sopravvivenza. Il dibattito sul Venezuela è perciò intenso non solo negli altri stati del continente sudamericano ma anche in Italia, dove il presidente della Commissione Esteri al Senato, Pier Ferdinando Casini, ha più di una volta portato il dibattito nel Parlamento e dove abbiamo approvato delle mozioni. Alla preoccupazione non corrisponde però una capacità d’intervento. Neanche la stessa MUD, Mesa Unitaria de Democracia, creata dall’opposizione, è riuscita a conquistare degli obiettivi comuni e quindi molto dipende dalla situazione locale interna.
Personalmente, avevo chiesto all’Italia di assumere un ruolo di responsabilità per la causa venezuelana presso l’Unione Europea, così come ho incentivato il Brasile a farlo.
Quest’ultimo Paese sta, infatti, già organizzando un incontro con i presidenti dei parlamenti sudamericani per riunirsi e dibattere sul tema della democrazia in Venezuela, per sentire il cittadino venezuelano al di là delle vicende politiche, perché, specie in Sudamerica, non possiamo accettare che fratelli vicini vivano in condizioni precarie.
Il MAIE di Ricardo Merlo ha proposto di abolire la tassa di cittadinanza in Venezuela, vista la situazione di crisi gravissima. Lei sarebbe favorevole?
Sono favorevole. Con Riccardo Merlo e Mario Borghese ho un ottimo rapporto, abbiamo già lavorato su delle proposte assieme. In particolare, in quest’iniziativa non mi ha ancora coinvolto ma se lo farà sicuramente mi unirò alla richiesta a favore dei nostri connazionali che si trovano in Venezuela, ma che sono nati italiani e che possono dipendere da questo passaporto. In questo caso si tratta di una pratica di riconoscimento necessaria per scegliere un’alternativa di vita fuori dal Venezuela, il che richiede la massima attenzione.
Quali sono i suoi rapporti con i colleghi eletti all’estero del Pd?
Io ho un ottimo rapporto con tutti, non solo, come naturale, con i parlamentari del Pd, che rappresentano la percentuale più alta, ma anche con i rappresentanti del MAIE, come ho già detto, e con quelli di Forza Italia e con i centristi. Ognuno fa il suo lavoro, ma ci sono situazioni che richiedono di unire gli sforzi per un obiettivo comune e nell’interesse degli italiani all’estero.
Dicono lei abbia provato a candidarsi proprio nelle fila del Pd al prossimo giro. Ma il dem Fabio Porta si sarebbe messo di mezzo…
Non ci ho mai provato. Anzi, facevo parte del Pd da cui sono uscita proprio per candidarmi, presentandomi con la lista USEI. In tutto questo periodo della legislatura, pur sostenendo il governo Renzi, non mi sono mai iscritta al Pd, quindi non lo farò adesso, visto che non ho nessuna necessità di mettermi in lista per essere rieletta. Io svolgo il mio lavoro autonomamente e se verrò rieletta lo verrò assieme a chi mi sostiene.
Quali sono i suoi prossimi impegni? Iniziative sul territorio?
Durante la settimana della ricorrenza della Repubblica Italiana, come ho commentato all’inizio, ho fatto un bel giro in Sudamerica quindi, adesso, fino a fine luglio, mi concentrerò sui lavori parlamentari in Italia, anche perché abbiamo da chiudere molte questioni importanti prima delle vacanze di agosto. Ad ogni modo, la mia agenda è sempre aggiornata sia sul sito che sulla fan page con tutti gli impegni sul territorio, e quindi chi vuole può seguirci.
Ci risentiremo certamente più avanti, ma fin d’ora le chiedo: perché un italiano residente in America Meridionale dovrebbe votare ancora una volta per Renata Bueno?
Perché sono esclusivamente dedita alla politica. Ho cominciato in Brasile poi, dopo aver vissuto tanti anni in Italia, mi sono dedicata alla politica italiana e conosco bene la storia dell’emigrazione italiana in Sudamerica e riesco a dialogare bene non solo con il governo italiano ma anche con quelli locali, quello brasiliano, argentino, uruguaiano, cileno, su tutto quello che riguarda le necessità dei nostri connazionali, non solo in Italia ma anche all’estero. Posso definirmi sicuramente una rappresentante 100% politica. Sono una cittadina nata all’estero, che quindi conosce molto bene la realtà degli italiani all’estero e, allo stesso tempo, ho un forte senso dell’impegno con la res publica. Ho, infatti, dedicato la mia vita a servire il pubblico e desidero continuare a farlo.
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