“Stimiamo una comunità nel Regno Unito di circa 700mila italiani che comprendono anche i doppi cittadini. Gli iscritti all’Aire al 31 dicembre 2020 sono 448.457 con un dato in aumento annuale tra il 7% della circoscrizione di Edimburgo e il 15% della circoscrizione di Londra. Un dato dovuto anche all’emersione negli ultimi anni che le regolarizzazioni dopo Brexit stanno stimolando”. Lo ha detto l’ambasciatore d’Italia nel Regno Unito, Raffaele Trombetta, in audizione al Comitato Schengen sul tema della libera circolazione delle persone nell’area Schengen dopo la Brexit.
Nel Regno Unito, “al 30 settembre 2020 i cittadini Ue iscritti al ‘Settlement Scheme’ erano 3 milioni 880mila 380, su un totale di domande ricevute di 4 milioni e 62mila. Gli italiani risultavano essere 379.420, su un totale di richieste di 401.800. La comunità italiana è la terza europea per grandezza dopo Polonia e Romania”.
“Nei mesi di marzo e aprile 2020, quelli più acuti della pandemia, abbiamo assistito circa 30mila connazionali – residenti nel Regno Unito – che sono rientrati in Italia. Questo grazie a una Task Force che abbiamo tra ambasciata e consolati in Uk. Adesso resta da vedere quanti di questi connazionali rientrati in Italia vorranno poi rientrare nel Regno Unito, o vorranno farlo nei prossimi mesi, soprattutto coloro che hanno già fatto richiesta e ottenuto il ‘Settlement Scheme’. La pandemia e il suo impatto economico continueranno a preoccupare i nostri cittadini nel Regno Unito, ma resta da vedere quanto questo potrà orientare le scelte di più lungo periodo”.
Sul potenziamento della rete consolare nel Regno Unito “il ministero degli Esteri si è mosso. E’ stata decisa la riapertura del consolato a Manchester, che consente ai connazionali di avere un riferimento immediato e di liberare un po’ di risorse per il consolato a Londra. Una decisione importante per la nostra collettività”, ha sottolineato il diplomatico.
E’ giusto ricordare qui che l’apertura del Consolato d’Italia a Manchester è stata fortemente voluta dal Sen. Ricardo Merlo, Sottosegretario agli Esteri e presidente del MAIE – Movimento Associativo Italiani all’Estero.
Dal 1° gennaio 2021 “non è necessario il visto ai cittadini Ue che vogliono visitare il Regno Unito per turismo o altre attività, per un periodo massimo di permanenza di 180 giorni in un anno. L’Home office (il ministero dell’Interno; Ndr) ha poi rivisto in chiave restrittiva la normativa sull’espulsione dal Paese, e dal 1° gennaio 2021 anche i cittadini europei – ma non i residenti – potranno essere oggetto, al pari di altri, di espulsioni in caso di condanne penali con pene superiori ai 12 mesi, o in caso di reati che suscitino allarme sociale”.
Riguardo al nuovo sistema per l’immigrazione adottato dal Regno Unito ed entrato in vigore dal 1° gennaio 2021, “i cittadini europei non sono distinti da altre nazionalità, e si applica ad essi il nuovo regime dei visti. Stiamo parlando non di coloro che sono già residenti, ma di coloro che intendono entrare. Questo sistema di immigrazione mira a privilegiare la competenza e il talento rispetto alla provenienza di una persona. In particolare, per coloro che intendono risiedere e lavorare nel Regno Unito, il Governo britannico si è ispirato al modello australiano, e ha messo in piedi un articolato sistema per categorie di lavoratori, incentrato sull’attribuzione di un punteggio da attribuire a determinate qualifiche”.
Per trasferirsi e andare a lavorare nel Regno Unito, dal 1° gennaio 2021, in base al regime dei visti “ai cittadini Ue saranno richiesti una serie di requisiti minimi, come un’offerta di lavoro, un titolo di studio o una qualifica professionale minima, più o meno equivalente a un diploma di scuola superiore, un’attestazione di conoscenza della lingua inglese e la disponibilità a effettuare un pagamento una tantum aggiuntivo per godere dell’accesso al Servizio sanitario britannico. Inoltre, i richiedenti dovranno dimostrare uno o più titoli preferenziali per ottenere il visto. In particolare, uno stipendio annuale minimo di 25.600 sterline, in parte derogabile se accompagnato da un altro dei due successivi criteri: l’offerta di lavoro in un settore in cui il Governo britannico rileva una carenza di lavoratori e il titolo di studio al livello di dottorato”.