Roma – Dal PdL a La Destra il passo è breve. Soprattutto per Fabrizio Santori, l’ex consigliere comunale da sempre voce dissidente in seno alla maggioranza capitolina e oggi candidato in Regione con il partito di Storace. Santori ha chiesto a gran voce e atteso per mesi che si svolgessero le primarie per decidere il candidato sindaco del centrodestra, ma il Pdl ha preferito rinunciare all’unico volenteroso che si sarebbe preso volentieri l’incarico di fare questa misera figura elettorale al posto di Ale-magno.
Santori, lei è passato dal Pdl a La Destra, dopo aver atteso per mesi ipotetiche primarie che non si sono mai svolte. È più deluso da Alemanno o dal partito?
“Da entrambi. Innanzitutto dal partito e dall’imbarazzo che mi hanno creato alcune decisioni interne, come la volontà di ricandidare le stesse persone per colpa delle quali, nel 2010, non si presentò la lista. Chi doveva essere cacciato è stato tenuto e si è reso responsabile delle ‘pappatoie’ in stile Fiorito. Gli stessi nomi che hanno preso parte a questa mangiatoia collettiva oggi vengono presentati in Parlamento, questo simboleggia più di tutto il resto il mancato rinnovamento”.
I problemi del partito sono riassumibili nei nomi presentati in lista?
“Il vero problema sono i contenuti. Nel centrodestra sono sempre esistiti valori non negoziabili come la famiglia, la meritocrazia, l’Europa dei popoli e non delle banche, la lotta all’immigrazione clandestina. Tutti questi principi sono decaduti nell’ultimo anno di governo, i parlamentari hanno sostenuto Monti e gli ex esponenti di An non si sono resi parte attiva nel difendere i valori che li avevano sempre ispirati. Certo anche i nomi hanno il loro peso, purtroppo sono stati ripresentati personaggi non puliti e tutti questi motivi mi hanno costretto a uscire dal Pdl. Si tratta di scorciatoie e giochetti politici che non mi appartengono e con i quali non ho nulla a che fare”.
L’allontanamento dal sindaco Alemanno, invece, arriva dopo anni di proteste da parte sua per il mancato rispetto delle promesse elettorali. Ci volevano le primarie per farle prendere questa decisione?
“La mia delusione è rivolta anche nei confronti del sindaco. Abbiamo chiesto che si tenessero le primarie ma non è stato fatto nulla, abbiamo chiesto un congresso interno ma non siamo stati ascoltati neanche in questo caso. A questo si aggiungono tutti i problemi non risolti in questi anni al Comune, dai nomadi al trasporto, ai rifiuti. Ho vissuto una doppia delusione ma non rinnego questi anni, potevo andarmene prima ma ho aspettato la fine del quinquennio”.
Se ha aspettato la fine del quinquennio, probabilmente era la scelta più conveniente.
“No, ho aspettato perché non sono un traditore come Fini e i suoi uomini. Ho atteso la fine del mandato per ripresentarmi in maniera trasparente, in un partito più piccolo e senza farmi inserire in listino. La mia azione è coerente, mi ripresento agli elettori chiedendone la preferenza perché voglio rappresentare il cambiamento”.
Attendere cinque anni per abbandonare una maggioranza che non si condivide non è una decisione di comodo?
“Cambiare partito è sempre una sofferenza per chi lo fa, bisogna vedere come e in che tempi. Ripeto, non sono come Fini, ho cambiato partito al termine del mandato perché prima avrei tradito le aspettative elettorali. Non è stata una decisione ‘di comodo’ perché sono passato da un partito grande a uno piccolo senza farmi inserire in listino, ho deciso di confrontarmi con la gente e spero che possano apprezzare la mia coerenza. Le mie motivazioni sono chiare rispetto alle primarie, al sindaco e alla situazione del PdL”.
Voci sempre più insistenti dipingono uno scenario in cui il Pdl cerca di scaricare il sindaco Alemanno per candidare al suo posto Giorgia Meloni che, a sua volta, sarebbe restia a causa della sconfitta quasi certa che l’accompagnerebbe nella sua corsa in Campidoglio. Conferma queste voci? E, se si concretizzassero, ne appoggerebbe la candidatura?
“Per il momento non si parla né si pensa alle comunali, il mio interesse è rivolto alle regionali e alle politiche. Le voci sono infondate ma credo che, successivamente alle elezioni politiche e regionali, serva un confronto nel centrodestra romano. Continuerò a chiedere che si svolgano le primarie con la partecipazione de La Destra, il dibattito farà bene anche ad Alemanno e servirà per fissare i punti del programma a garanzia degli elettori e delle loro giuste aspettative. Non avrei nulla da ridire sulla candidatura di Giorgia Meloni, ma ora bisogna valutare anche un candidato espresso da La Destra”.
Vittorio Feltri ha detto che Renata Polverini “non doveva essere candidata nemmeno nelle liste del condominio”. È d’accordo?
“Sì, ci troviamo di fronte a situazioni paradossali, con esponenti del gruppo che doveva formare Città Nuove candidati nel Pdl, nella lista civica di destra, nel Grande Sud e nel Mir. Addirittura la Polverini, che a suo dire ha sempre combattuto il Pdl, ora ne fa parte ed è dentro le liste della Camera. Torniamo a parlare di compromessi che non mi sono mai piaciuti nè appartenuti, è il problema di una legge elettorale che non permette di scegliere i propri candidati. Anche il Pd è implicato, si vanta di aver fatto liste pulite e invece tutti i consiglieri regionali sono stati candidati in Parlamento. Zingaretti dovrebbe almeno evitare di vantarsi”.
Le liste pulite di cui parla Zingaretti si riferiscono alla regione e al fatto di non aver ricandidato nessun consigliere uscente.
“Certo, però li hanno piazzati nelle liste di Camera o Senato. È la stessa cosa, se si fa pulizia non si candida nessuno da nessuna parte, è la stessa incongruenza di Zingaretti che acquista un palazzo da 280 milioni per un ente che non esisterà più, come la Provincia”.
Per ora la Provincia è commissariata, e non abolita, e secondo le stime diffuse da Zingaretti il palazzo, finanziato con la dismissione di altri edifici, comporterà un risparmio di cinque milioni di euro l’anno.
“Per ora non ci saranno elezioni ma, nel frattempo, abbiamo una nuova e costosa sede. Spero che il prossimo governo si impegni realmente per iniziare l’assorbimento delle strutture provinciali, con il consecutivo risparmio”.
Ha parlato di valori non negoziabili. Non avrebbe dovuto negoziare nulla, se fosse stato concluso l’accordo con i Radicali?
“Si trattava di una battaglia di democrazia che Storace ha giustamente seguito. Non condivido nel modo più assoluto alcuni valori dei Radicali e nutrivo perplessità su alcune loro idee ma, allo stesso tempo, ritengo che sostengano da sempre molte battaglie giuste. C’è una sorta di amore e odio tra Radicali e destra”.
E la proposta di accordo fatta da Storace ai Radicali non sarebbe stata un altro caso di quelli che lei ha chiamato “giochetti” politici?
“Probabilmente sì ma, conoscendo Storace, posso dire che aveva già immaginato il percorso che avrebbe preso questa situazione, smascherando l’ipocrisia di Zingaretti e del Pd”.
Quindi in realtà Storace avrebbe attratto i Radicali, pur sapendo che l’accordo non si sarebbe concluso, per smascherare un presunto atteggiamento sbagliato del Pd? Non le sembra una grande trama di fantapolitica?
“No, affatto. Credo che i valori de La Destra non possano essere negoziati con alcuni valori radicali, ma la situazione ha smascherato l’atteggiamento ipocrita del partito democratico. In realtà, sono molto felice che l’accordo con i Radicali non si sia concretizzato”.
Come pensate di farvi eleggere, dopo tutte le vicende legate alla gestione Polverini e allo scandalo Fiorito?
“Il caso Fiorito è stato eclatante, anche per lo stile del personaggio, ma sappiamo che tutto avveniva dentro l’ufficio di presidenza ed è stato arrestato anche Maruccio”.
Dove andranno i 27mila voti di Fiorito?
“Le preferenze per Fiorito erano moltissime ma non possono spostare l’orientamento del voto in un’intera regione né possono essere determinanti. Presumo che chi lo ha votato sia talmente deluso da allontanarsi dall’idea stessa del voto. Non so per chi potrebbe esprimere la propria preferenza e, in questo momento, non penso a Fiorito. Ora bisogna cancellare l’onta di Fiorito”.
Come?
“Con una proposta di legge per azzerare i costi della politica”.
Quali costi, in particolare?
“I costi dei gruppi e le auto blu. Come ha detto Storace, non dovrà più esistere nessuna auto blu a partire dal presidente della Regione, bisogna ridurre gli stipendi degli eletti perché è un esempio da dare in un momento di crisi. È necessario creare un sistema di controllo centralizzato sulle spese dei gruppi, non deve più accadere che un singolo prenda la carta del gruppo e spenda a suo piacimento. Un primo passo importante è stato già fatto, abbiamo abbattuto da 70 a 50 il numero dei consiglieri regionali ed è accaduto solo nel Lazio”.
Questo è il metodo applicato in provincia, tanto che nei loro interventi pubblici Zingaretti e i suoi candidati lo stanno riproponendo come modello da adottare anche in regione. Copiate gli avversari?
“Questo è il metodo più corretto e vale per tutti, non è suo perché lo propone lui e non è adottato solo in Provincia ma anche in Comune. Questo schifo avveniva solo in regione e, per questo, i singoli consiglieri si sono allontanati con arroganza dai cittadini”.
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