Il referendum del prossimo 4 dicembre, oltre che per la sua rilevanza, trattandosi di approvare o di respingere una sostanziale riforma della nostra Costituzione, ha assunto anche una grande valenza contingente, perchè in ogni caso avrà immediate conseguenze politiche. Coloro che sostengono le ragioni del sì, indicano che la modifica costituzionale apporterà una semplificazione dell’iter legislativo e che, unitamente alla legge elettorale già approvata, darà al capo del governo un potere decisionale significativamente maggiore. Questa sarebbe una valida ragione, considerando che, da settant’anni a questa parte, il parlamento, i partiti, la magistratura, hanno limitato e spesso contrastato il potere del premier di turno e l’azione del governo. Basti ricordare il trattamento che ebbero i presidenti del Consiglio che presero decisioni non “consociative”, come accadde a Craxi (costretto addirittura a morire in esilio) e come accaduto più recentemente a Berlusconi, sconfitto dalla poderosa coalizione di interessi nazionali e internazionali, che lo ha stritolato nel suo tritacarne mediatico, giudiziario e parlamentare.
Tuttavia oggi si tratta di dover convalidare una riforma costituzionale non condivisa e scritta da una sola parte politica, ed è bene tener presente che, con la vittoria del sì, Renzi si rafforzerebbe enormemente. E noi, prima di rafforzare un premier, più che fidarci delle sue parole, vogliamo giudicare le sue azioni.
In realtà, anche se all’inizio ci aveva fatto sperar bene, Renzi non sta applicando nessuna delle ricette che sarebbero necessarie. Occorreva ridurre le tasse, ed invece la pressione fiscale è cresciuta. Si dovevano sfoltire e ridurre drasticamente la burocrazia e la spesa pubblica, e poco o nulla è stato fatto. Era necessario difendere gli interessi economici e la coesione sociale del Paese, ed invece ha approvato le sanzioni alla Russia, che danneggiano le nostre imprese, e invia le nostre navi vicino alle coste della Libia a prendere tutti gli immigranti, che arrivano in duecentomila all’anno, per i quali non esistono posti di lavoro e che dobbiamo mantenere ed alloggiare.
Ricordiamoci che, prima o poi, dovremo andare alle elezioni, con l’obiettivo che siano vinte da una coalizione di centrodestra che abbia un programma condiviso e che sia omogenea, vale a dire che non sia minata da quei sabotatori eletti nel centrodestra (Alfano&C) che poi hanno appoggiato il governo PD e la sua politica. Un ritorno del centrodestra al governo appare più probabile solo se la riforma non verrà approvata. Per quanto mi riguarda, dunque, ritengo necessario non perdere l’occasione, il 4 dicembre, per manifestare la mia disapprovazione e votare no. Darla vinta a Renzi, oggi potrebbe rivelarsi la scelta peggiore.
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