In occasione del referendum sulla giustizia, anche gli italiani all’estero hanno potuto esprimere il proprio voto. Almeno, lo ha potuto fare chi ha ricevuto i plichi elettorali. Perché non sempre è stato così: il meccanismo che regola il voto all’estero continua a dimostrarsi inefficace e pieno di problemi.
Plichi consegnati con giorni di ritardo o mai arrivati a destinazione: svariate centinaia (o forse anche migliaia) di connazionali all’estero non sono riusciti a votare per i referendum sulla giustizia. La denuncia arriva dal Comites di Miami.
Il presidente, Andrea Di Giuseppe, parla con Il Giornale di almeno un centinaio di segnalazioni su ritardi o mancate consegne delle schede. E questo solo nel Southeast.
I consolati avrebbero dovuto spedirle entro il 25 maggio per riaverle indietro al massimo il 9 giugno alle 16. Il 31 maggio scorso il console generale a Miami, Cristiano Musillo, già si giustificava per i rallentamenti dovuti ai «giorni di festa per il Memorial Day», ma anche alla «estrema scarsità della carta» e della «manodopera» per imbustare 360mila plichi. E sottolineava più volte come per i referendum abrogativi fosse prevista «anche la possibilità di non esprimere il proprio voto». Paradossalmente, per molti, alla fine, votare non è stato possibile.
La politica, le istituzioni, i vari governi che negli anni si sono succeduti, nonostante le tante denunce non hanno mosso un dito per modificare questo benedetto voto oltre confine. Ma cosa diamine stanno aspettando? Forse che Roma lo cancelli una volta per tutte?