Il Prof. Valerio Onida, Presidente emerito della Corte Costituzionale, è intervenuto ai microfoni di Radio Cusano Campus. I ricorsi contro il quesito del referendum costituzionale: “Il quesito referendario è troppo eterogeneo – ha spiegato Onida – e pretende di avere una risposta univoca, un sì o un no, su un complesso di cambiamenti della Costituzione, fra di loro non connessi. Il problema è stato sollevato da tempo, ma fino ad ora mai risolto. Questi ricorsi tendono a sperimentare la possibilità che sia la Consulta ad intervenire su questo tema. La Corte Costituzionale nel lontano 1978, in una sentenza celebre in materia di referendum, disse che tra i requisiti indispensabili per un referendum c’è quello delle omogeneità del quesito. Non si può pretendere di chiedere una risposta unica su un complesso eterogeneo di oggetti. In quel caso si trattava di referendum abrogativo e la sentenza della Consulta disse che il quesito doveva essere dichiarato inammissibile oppure bisognava procedere alla sua scissione. Costringere l’elettore a dare una risposta unica su un complesso di argomenti eterogenei compromette la libertà di voto dell’elettore, che si fonda sulla chiarezza e precisione del quesito. In questo modo si trasforma il referendum in un plebiscito su un programma politico dei gruppi che hanno voluto una certa impostazione”.
Revisione costituzionale. “Il Parlamento, quando affronta il tema della revisione costituzionale, non può pretendere di confezionare un nuovo vestito intero, una nuova costituzione intera e poi sottoporla ad una ratifica popolare – ha sottolineato Onida -. Il referendum di ratifica popolare delle Costituzioni è un’altra cosa. Qui siamo di fronte ad un procedimento per la revisione della Costituzione attuale e la revisione deve avvenire in modo puntuale”.
Referendum confermativo. “Si è formulato un quesito che si riferisce ad un referendum confermativo – ha affermato Onida -. il termine ‘confermativo’ non c’è scritto nella Costituzione, non esiste nella legislazione italiana. Io direi che questo è un referendum oppositivo, a garanzia delle minoranze”.
Titolo del quesito. “Essendo un referendum di revisione costituzionale – ha aggiunto Onida -, il quesito dovrebbe indicare gli articoli della Costituzione che vengono modificati. Ci si è riferiti al titolo della legge, che è studiato ad hoc. Non riflette esattamente il contenuto della legge, perchè ci sono tanti argomenti che nella legge vengono affrontati e che non trovano riscontro nel titolo. Ad esempio, ci sono nuove norme in materia di referendum e sul modo di eleggere il Presidente della Repubblica. Queste cose non trovano riscontro nel titolo della legge che è incompleto. Ma nella sua incompletezza denuncia già il fatto che si tratta di un pacchetto”.
Nefasta cultura costituzionale. “Questo titolo – ha spiegato Onida – è frutto dell’influenza nefasta di una cultura costituzionale che da decenni va predicando la necessità di una nuova Costituzione, cioè l’idea che la revisione costituzionale non sia lo strumento per apportare modifiche puntuali al testo della Costituzione in vigore, ma che sia invece la via per innovare. Questa cultura purtroppo si è diffusa nel nostro Paese. Una volta individuati i problemi che si volevano affrontare e le soluzioni che volevano apportare, che cosa impediva di fare singole leggi costituzionali? Se avessero proceduto in questo modo probabilmente alcune di queste leggi sarebbero passate con larghissimo consenso e non ci sarebbe stato bisogno di sottoporle al referendum. Si è invece proceduto su questa strada della grande riforma”.
Rapporto tra Costituzione e cambiamenti economico-sociali. “Questo rapporto è sbagliato in partenza, perchè le costituzioni sono destinate a durare – ha sottolineato Onida -. La Costituzione degli Usa ha 200 anni, ma nessuno si sogna di dire che va cambiata perchè è vecchia. A differenza delle leggi ordinarie, che devono aggiornarsi a seconda dei cambiamenti che avvengono nella società, le costituzioni rappresentano i principi costanti, stabili della convivenza e più durano e più si radicano nella cultura del Paese. L’idea che la Costituzione debba essere cambiata perchè sono cambiati i tempi è sbagliata in sè. C’è poi la teoria del decisionismo rapido. Non si capisce perchè si debba dipendere dai mercati finanziari in modo così assoluto. Non è vero poi che le nostre leggi avvengono con un procedimento troppo lento e c’è un Paese bloccato sul piano della produzione legislativa, è il contrario, abbiamo troppe leggi. Il nostro difetto è la instabilità dell’assetto normativo”.
Quesito ingannevole? “Più che ingannevole direi che lede la libertà di voto dell’elettore. Ci sono dentro tante cose e non si può pretendere che il cittadino dica solo un sì o un no. Questa eterogeneità è un motivo in più per dire no”, ha affermato Onida. I ricorsi. “C’è un problema di tempi tecnici molto stretti – ha spiegato Onida -. Non saprei dire che cosa potranno dire gli organi giudiziari. Io credo che questi ricorsi sollevino un problema giusto”.
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